“L’Italia deve sapere valorizzare le proprie eccellenze virando verso il digitale, e deve fare in fretta, cambiando le proprie priorità: i mezzi per farlo ci sono già tutti. Il governo ha individuato la strada da seguire, ora la percorra. I soldi ci sono: il problema è spenderli nelle aree dove serve investire”: questo l’appello di Jeremy Rifkin alla 27esima edizione di Forum PA. Le analisi confermano un gap da colmare con urgenza. In base all’indice Desi definito dalla Commissione europea per misurare l’attuazione delle Agende Digitali dei Paesi membri mediando i valori di 33 indicatori, l’Italia è al 27esimo posto. Secondo l’Osservatorio Agenda Digitale del Polimi che ha ideato un indice con 107 parametri, L’Italia è 21esima su 28.
Nell’ultimo anno si sono registrati progressi nei servizi pubblici digitali e nella disponibilità dei dati aperti: su questi punti siamo sesti nel ranking europeo. Un passo avanti è stato fatto con la firma digitale. È inoltre partito il Sistema Pubblico d’Identità Digitale, avviando una nuova era di servizi online offerti da PA e aziende. La svolta decisiva passa da una nitida geografia di priorità. Penso alla PA digitale e all’interoperabilità tra sistemi e nuovi servizi per il cittadino che deve essere al centro della trasformazione digitale del Paese (people centered); al cloud ibrido italiano e ai suoi vantaggi secondo le regole della PA; al partenariato per creare un vero modello “win win” fra aziende e PA; all’innovazione di strumenti amministrativi per snellire e rendere più efficaci i processi di procurement della PA; a dashboard direzionali per valutare performance, utilità delle azioni e definire nuove strategie; e penso a nuovi mercati e opportunità per le aziende derivanti dalle realizzazioni delle infrastrutture immateriali (Spid, Anpr e PagoPA).