Gli investimenti in infrastrutture, sia fisse sia mobili, sono un primo importante passo verso la digitalizzazione di ogni Paese. Se ci sono voluti 100 anni per connettere un miliardo di luoghi fisici e appena 25 per connettere 5 miliardi di persone, oggi parliamo anche di 28 miliardi di dispositivi in rete entro i prossimi 5 anni. L’era industriale, caratterizzata dalla produzione su larga scala, è stata sostituita dalla Networked Society, dove le persone usano la connettività come punto di partenza per trovare nuovi modi di innovare, collaborare, socializzare e creare nuovi servizi.
L’Ict ha dato vita ad una nuova era dove, ad esempio, la più grande catena alberghiera del mondo non possiede neanche una camera d’albergo. L’Italia ha davanti a sé delle sfide. Per farle fare il salto digitale è necessario un continuo dialogo fra tutti gli stakeholder. Per le aziende, la priorità è trasformare in maniera dirompente se stesse prima che altri lo facciano per loro, integrando l’Ict nel tessuto stesso della loro attività. L’impegno delle istituzioni e degli operatori rispetto al piano nazionale per la banda ultralarga farà una grande differenza. I contesti normativi dovrebbero favorire sia la digitalizzazione di industrie consolidate, sia lo sviluppo di settori emergenti.
È necessario infine far conoscere alla popolazione “offline” i benefici del digitale e formare le giovani leve ad un nuovo mondo del lavoro, in modo da ridurre il divario tra le competenze in ambito ICT richieste dalle imprese e quelle possedute dai nostri studenti. L’ICT può rappresentare una forza di trasformazione positiva se implementata in modo innovativo, responsabile e cooperativo.