“Il dibattito sullo smart working è una risposta positiva alla trasformazione che il mondo del lavoro, come l’economia tutta, sta vivendo. Governare questo cambiamento è ciò che permette di trasformare il rischio di una crescita senza occupazione in una occasione di rilancio e nuova occupazione, nell’epoca dell’industria 4.0”. È quanto dichiara Cristiano Radaelli, presidente Anitec (l’Associazione confindustriale dell’Ict e dell’Elettronica di Consumo), a proposito del dibattito che verte sul disegno di legge del Governo in materia di lavoro agile (ddl 2233) e quello complementare presentato dai senatori Sacconi, D’Ascola, Marinello e Pagano (ddl 2229).
Nello specifico, col supporto legale dello Studio Nctm, Anietc ha presentato un parere sul tema agli estensori delle due proposte.
Secondo Radaelli i fattori che rallentano questo processo sono molteplici e in particolare “uno dei principali freni alla crescita del Paese è un persistente attaccamento a una cultura arretrata nelle organizzazioni, sia pubbliche che private”. C’è un vantaggio evidente recato dall’introduzione dei processi digitali ed “è il fatto che questi portano trasparenza e immediatezza nella collaborazione fra colleghi e manager, anche a distanza.
E va sottolineato che questi aspetti sono diventati valori consolidati che clienti, fornitori, cittadini ritengono irrinunciabili. Per poter rispondere in modo efficace e di successo a questi stimoli è necessaria una organizzazione aziendale dove tutti i dipendenti sono a conoscenza e condividono la mission e gli obiettivi della società, per poter rispondere in modo corretto e immediato alle richieste. Lo smart working mette le persone al centro. Il dibattito relativo al lavoro flessibile si sviluppa infatti anche sul miglioramento del rapporto vita-lavoro (worklife balance).
“Dobbiamo migliorare la capacità di valorizzare le persone in base alla loro capacità di raggiungere gli obiettivi e non dalla mera presenza in ufficio- prosegue Radaelli – Tutto questo richiede un profondo cambiamento culturale. Siamo entrati nella quarta rivoluzione industriale e il nostro Paese deve cogliere questa opportunità per migliorare la situazione economica e ridurre la disoccupazione”
Per Michele Bignami, socio coordinatore del Dipartimento del Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali Nctm Studio Legale, lo smart working è in molti casi già una realtà “laddove il risultato sia più importante e la prestazione sia di natura intellettuale ancorare la remunerazione al rispetto dell’orario di lavoro e alla presenza fisica presso la sede dell’azienda è, in effetti, del tutto anacronistico. Dal nostro osservatorio registriamo praticamente ogni giorno richieste di introduzione di forme di organizzazione del lavoro più flessibili”.
Secondo una recente indagine Randstad il 90% dei lavoratori dipendenti italiani vede la digitalizzazione come un’opportunità di lavoro. Inoltre, pur riconoscendo che questa può mutare le relazioni umane sul posto di lavoro, solo il 52% ritiene di avere meno interazioni dirette con i clienti, e il 42% con i colleghi. Da rilevare, tuttavia, vi è anche il dato secondo cui l’88% dei lavoratori italiani sentirebbe il bisogno di un costante aggiornamento nella propria formazione per restare veramente al passo con l’incessante sviluppo tecnologico. Dati che descrivono un paese in cui il mondo del lavoro accoglie con grande apertura la nuova era digitale.