La storia non si cancella. E’ il principio sancito dal Garante Privacy nel dichiarare infondato il ricorso di un ex terrorista che chiedeva la deindicizzazione di alcuni articoli, studi, atti processuali in cui erano riportati gravi fatti di cronaca che lo avevano visto protagonista tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80.
L’interessato, che ha finito di scontare la pena nel 2009, si era rivolto in prima battuta a Google – spiega il Garante – chiedendo la rimozione di alcuni indirizzi e suggerimenti di ricerca. Google non ha accolto la richiesta e così l’ex terrorista si è rivolto al Garante, sostenendo di non essere un personaggio pubblico ma un libero cittadino al quale la permanenza in rete di contenuti del passato e fuorvianti rispetto all’attuale percorso di vita causa gravi danni personali e professionali. L’Autorità ha dichiarato infondato il ricorso, perché le informazioni fanno riferimento a “reati particolarmente gravi”, che hanno “valenza storica” e per cui è “prevalente l’interesse del pubblico ad accedere alle notizie”.
L’Autorità – spiega la Newsletter del Garante – ha rilevato che le informazioni di cui l’ex terrorista chiedeva la deindicizzazione “fanno riferimento a reati particolarmente gravi, che rientrano tra quelli indicati nelle Linee guida sull’esercizio del diritto all’oblio adottate dal Gruppo di lavoro dei Garanti privacy europei nel 2014, reati per i quali le richieste di deindicizzazione devono essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati, pur nel rispetto di un esame caso per caso”.
Secondo il Garante, poi, “le informazioni hanno ormai assunto una valenza storica, avendo segnato la memoria collettiva” e “riguardano una delle pagine più buie della storia italiana, della quale il ricorrente non è stato un comprimario, ma un vero e proprio protagonista”. Inoltre, “nonostante il lungo lasso di tempo trascorso dagli eventi l’attenzione del pubblico e’ tuttora molto alta su quel periodo e sui fatti trascorsi, come dimostra l’attualità dei riferimenti raggiungibili mediante gli stessi url. Il Garante, ritenendo quindi prevalente l’interesse del pubblico ad accedere alle notizie in questione, ha dichiarato infondata la richiesta di rimozione degli url indicati dal ricorrente ed indicizzati da Google. L’Autorità – conclude la Newsletter – ha inoltre dichiarato non luogo a provvedere sulla rimozione dei suggerimenti di ricerca nel frattempo eliminati da Google e su un ‘url’ di un articolo non più indicizzabile da quando l’archivio del quotidiano che lo aveva pubblicato è divenuto una piattaforma a pagamento”.