Un servizio sanitario nazionale che sa adeguarsi e sfruttare al meglio le possibilità offerte dal digitale e dalle nuove tecnologie. Sia nel campo del contenimento dei costi, sia in quello della trasparenza amministrativa, sia in quello dell’efficienza e della sostenibilità. Per un risparmio che, una volta che il sistema sarà implementato in pieno, potrà essere compreso in una forbice tra gli 8 e i 10 miliardi di euro. E’ quanto prevede il “patto per la sanità digitale”, che dovrebbe arrivare giovedì 7 luglio alla discussione in conferenza stato-regioni dopo una gestazione costellata di stop and go. Secondo uno studio realizzato da Censis e Centro studi ImpresaLavoro, intanto, nella prospettiva della Strategia Europa 2020 il processo di digitalizzazione della sanità italiana appare ancora in ritardo rispetto alla maggioranza dei Paesi UE. La spesa per l’eHealth dell’Italia, infatti, è pari nel 2015 all’1,2% della spesa sanitaria pubblica, rispetto alla media UE compresa fra il 2 e il 3%, con punte vicine al 4%.
L’accordo in dirittura d’arrivo in conferenza Stato-Regioni prevede tra l’altro che sia una cabina di regia costituita per l’occasione a farsi carico dei compiti di vigilanza e di indirizzo su progetti e operazioni, e sul coordinamento e il monitoraggio dello stadio di applicazione del patto. Uno strumento, quindi, per far comunicare tra loro e orientare anche le sperimentazioni sui territori, e mettere a punto un linguaggio comune che consenta a tecnologie e linguaggi differenti di essere interoperabili.
Il tutto con un occhio attento al fatto che le spese non lievitino né crescano rispetto a quelle attuali, e aprendo alla collaborazione con i fondi e i privati. L’implementazione e l’adeguamento tecnologico della sanità infatti potrebbe essere raggiunto, ricostruisce il Sole24ore, secondo le impostazioni del patto, ricorrendo anche a fondi strutturali già stanziati o in arrivo, quelli della Banca europea degli investimenti e quelli dei privati che basano la loro strategia, ad esempio, sul project financing e performance based financing.
Una volta stabilito il quadro d’insieme, rimangono da mettere a punto in modo più specifico le priorità e i servizi da implementare, che comprenderanno la telesalute e la continuità assistenziale, il teleconsulto e la telerefertazione, la telediagnosi e il telemonitoraggio, per arrivare al fascicolo sanitario elettronico, alla cartella clinica elettronica ospedaliera e alla questioni legate alla logistica del farmaco.
Per tornare allo studio del Censis, inoltre, per inquadrare nel medio periodo le prospettive della Sanità Digitale italiana in termini di fabbisogno finanziario, lo studio esamina tre scenari al 2020 della spesa. Il primo scenario di tipo più conservativo ipotizza il raggiungimento a fine periodo di un target del 2% di spesa eHealth su spesa sanitaria pubblica. Il secondo scenario ipotizza un target intermedio pari al 3%. Il terzo scenario prende in esame un target più espansivo del 4%, come indicazione di un deciso salto di qualità dell’impegno pubblico nel settore. I risultati dell’analisi Censis/ImpresaLavoro mostrano che il Servizio Sanitario Nazionale debba realizzare nei prossimi anni un deciso cambio di passo nelle risorse finanziarie da investire in Sanità Digitale, per stare al passo con i Paesi europei più avanzati in questo settore. I tre scenari considerati indicano che l’accelerazione dell’impegno finanziario al 2020 richieda risorse aggiuntive per la Sanità Digitale comprese in un range fra 2 e 7,8 miliardi di Euro, rispetto al fabbisogno tendenziale di 7,5 miliardi, per arrivare ad un impegno complessivo stimato fra 9,5 e 15,2 miliardi di Euro.