Il diritto di cronaca scade proprio come il latte o lo yogurt. I giornali online, a richiesta degli interessati, devono, pertanto, rimuovere dai propri archivi articoli e contributi di cronaca trascorsi una manciata di mesi dalla loro pubblicazione. E’ questa la sintesi di una recentissima Sentenza con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha confermato una decisione assunta nel 2013 dal Tribunale di Ortona che traeva origine dall’iniziativa dei proprietari di un ristorante che avevano mal digerito la circostanza che nell’archivio online di Primadanoi.it – un quotidiano online locale abruzzese – fosse rimasta accessibile la notizia del loro coinvolgimento in una vicenda giudiziaria.
Nessuna contestazione circa la veridicità dei fatti raccontati nell’articolo relativo, tra l’altro, ad un procedimento penale non ancora conclusosi e nessun dubbio circa il fatto che, almeno per la comunità locale, si trattasse di fatto di innegabile interesse pubblico.
Solo, a due anni e mezzo dai fatti oggetto dell’articolo, i proprietari del ristorante avevano ritenuto che il diritto di cronaca, da solo, non bastasse più a giustificare la permanenza online di quell’articolo che comprometteva reputazione e immagine del ristorante.
E prima il tribunale e ora la Cassazione hanno dato loro ragione. “La facile accessibilità e consultabilità dell’articolo giornalistico, tenuto conto dell’ampia diffusione locale del giornale online, consente di ritenere – hanno scritto i Giudici – che dalla data di pubblicazione fino a quella della diffida stragiudiziale sia trascorso sufficiente tempo perché le notizie divulgate con lo stesso potessero soddisfare gli interessi pubblici sottesi al diritto di cronaca giornalistica, e che quindi, almeno dalla data di ricezione della diffida, il trattamento di quei dati non poteva più avvenire…”. Una sentenza che minaccia di lasciare il Paese senza la storia perché se passa il principio che trascorso un certo lasso di tempo dalla pubblicazione di un contenuto online questo vada rimosso persino dall’archivio dei quotidiani, è evidente che la storia dei nostri giorni non avrà futuro.
Guai a negare che il diritto di tutti a sapere debba, in talune occasioni, cedere il passo al diritto del singolo alla privacy ed al c.d. oblio, ma decidere quando il secondo debba prevalere sul primo non può essere come, invece, lasciano intendere i giudici di legittimità un fatto solo di calendario.