Federico, “il mio piccolo genio”, lo carezza la mamma, mentr’egli offre lo smartphone alla controllora, dilatandole il codice di prenotazione. Dopo un’ulteriore carezza, si reimmerge nello schermo, mostrandole gli esiti di tanto in tanto, interrompendole il conversare con l’occasionale compagna di viaggio. Federico, non fosse per i ditini che tamburellano il touchscreen, è quieto. Federico ha dieci anni. La stessa età di Carl Friedrich Gauss quando rispose in pochi minuti al problema posto dal maestro: sommare i numeri da uno a cento. Gauss scrisse “5050”. Le cronache descrivono attonito il pover’uomo.
Difficile tuttavia credere che fosse la prima prova di genialità del bambino. Quel giorno dette prova di intelligenza “laterale”: per sommare una qual si voglia lunga sequenza di N numeri aveva la formula, N(N+1)/2, la prima di altre col suo nome. Di lì a poco iniziarono le sue incursioni sui numeri primi, indivisibili, preesistenti alle matematiche, alle dimostrazioni, ai teoremi. Come Eratostene, tremila anni prima, Gauss ne subì il fascino straordinario. Un genio in un secolo di geni.
Se Carl fosse vissuto oggi, lo smartphone di ultima generazione lo avrebbe stimolato a indagare i numeri? Il ragionamento rigoroso, la passione per la dimostrazione inflessibile, logica, oggi sono stimolati più o meno di allora? Lecito quindi chiedersi se il pensiero rigoroso che permeò il secolo di Gauss fu alla radice delle rivoluzioni ordinatrici che seguirono. Oggi Federico e lo smartphone sono vocati alla quiete: tutt’al più resterà un gioco virtuale, qualche emoticon e la carezza del potere.