Il Rapporto 2016 fa il punto sullo sviluppo e sulle potenzialità del Mobile banking, prendendo le mosse dai dati che fotografano la crescita della diffusione degli smartphone e la diffusione dell’uso dei cellulari per la navigazione in internet: sono ormai 22 milioni gli italiani compresi tra 18 e 75 anni che navigano in rete tramite smartphone. Di questi, 5,5 milioni hanno utilizzato il Mobile banking nel 2015, con una crescita del 15% sull’anno precedente. Cresce anche il peso dell’utilizzo Mobile rispetto all’Internet banking passato dal 40% del 2014 al 50% del 2015: è uno spostamento significativo che testimonia il quadro fortemente dinamico in atto.
Infine crescono del 40% le transazioni disposte da smartphone, motivate – come dimostra il focus group riportato nel Rapporto – dal risparmio di tempo, dall’immediatezza, dalla facilità, dall’accessibilità, dalla consapevolezza e dal controllo che il mobile consente. Chiediamo a Romano Stasi Segretario Generale ABI-Lab di approfondire alcuni passaggi del Rapporto e del ruolo di ABI-Lab.
Sempre più clienti usano il mobile per la connessione internet. Come risponde a questo trend dirompente l’offerta di servizi su mobile delle banche?
Le banche sono in prima linea nell’intercettare le esigenze evolute del cliente Mobile attuale. La risposta è una presenza forte, completa e differenziata. Tutte le banche offrono un’app per i due sistemi operativi più diffusi sul mercato (iOS e Android ma il 64% è già posizionata anche su Windows); ormai il tema di interesse è capire se oltre a quella “classica” di Mobile Banking ce ne sono altre ad hoc per specifiche tematiche. In molti casi si è andati in questa direzione con applicazioni specifiche dedicate al Wallet o ai p2p, al Trading, al Personal Financial Management, etc. Le funzionalità offerte aumentano sempre di più e spesso afferiscono anche a servizi non tipicamente bancari (es. pagamento bollettini). C’è anche un tema di profilazione: in diversi casi si è scelto di costruire un’offerta ad hoc per segmenti di clientela. Small Business e Corporate sono gli esempi principali in tale direzione.
Quali modifiche nell’offerta dei servizi e nell’organizzazione aziendale produce la diffusione dell’offerta Mobile Banking?
Il Mobile Banking non deve essere una semplice replica dell’Internet Banking: questa è una consapevolezza che le banche hanno acquisito. Il Mobile deve essere complementare e deve portare valore aggiunto sfruttando la user experience collegata soprattutto allo Smartphone. Prerogative principali nel mondo Mobile sono la semplicità, la velocità, la personalizzazione. Naturalmente il forte sviluppo del canale comporta cambiamenti organizzativi significativi. Ci sono forti elementi di governance che partono dalle attività di misurazione e monitoraggio per arrivare alla reingegnerizzazione dei processi. I cambiamenti organizzativi sono poi soprattutto legati all’offerta omnicanale della banca in cui il Mobile gioca un ruolo importante ma comunque collegato a tutti gli altri canali a disposizione del cliente. E per garantire una user experience trasversale è necessario evolvere i processi e abilitare cambiamenti organizzativi e culturali.
La diffusione del Mobile Banking aumenta l’esigenza di sicurezza del sistema finanziario. Come opera ABI-Lab nel capacity building in tema di sicurezza delle banche italiane?
Nel panorama italiano nel 2015 non si registrano frodi con perdite di denaro ai danni della clientela nell’ambito di utilizzo dei servizi Mobile Banking nelle diverse piattaforme possibili (app, mobile site, etc.). ABI Lab ha attivo un presidio di settore sui temi di sicurezza informatica, frodi e gestione sicura dell’identità in ambito bancario con uno specifico Osservatorio. La ricerca è realizzata attraverso analisi statistiche e approfondimenti di carattere tecnologico, operativo e normativo. Il tavolo di lavoro mantiene inoltre collaborazioni istituzionali, nazionali e internazionali in tema di cybercrime e un’attività operativa di early warning di sistema su eventi di frode informatica. Dalla ricerca emerge che, a fronte dell’evoluzione dei meccanismi di attacco e del crescente utilizzo di smartphone e tablet da parte della clientela, le banche hanno introdotto, in analogia con quanto già in essere per il canale di Internet Banking, strumenti in grado di monitorare eventuali anomalie rispetto a transazioni condotte via App o altre piattaforme Mobile (60,8%), di effettuare un’analisi dei log di accesso al Mobile site (53,5%) e alla App (42,9%) o di rilevare malware nei device mobili dell’utente (25,1%). Inoltre alcune banche sono in grado di monitorare su mercati non ufficiali anche la presenza di App clone realizzate da cybercriminali, con l’intento di sottrarre informazioni sensibili o denaro dai conti delle vittime.
Il governo sta investendo nel digitale: banda larga, sicurezza, digitalizzazione della PA. Questa attenzione, in particolare sul tema della sicurezza, può portare a risultati concreti per l’affermazione di una competenza e responsabilità specifica sulla cybersecurity nel settore finanziario?
Le banche, consapevoli dell’importanza che rivestono la conoscenza e il continuo aggiornamento delle minacce e dei rischi legati al cybercrime, svolgono periodicamente attività di formazione interna specifiche sul tema. Ciò risulta importante in primo luogo per i dipendenti a più stretto contatto con la clientela, che svolgono un ruolo centrale nel veicolare le corrette indicazioni e le misure da porre in essere in caso di tentativi di frode. In aggiunta, il 72,4% dei rispondenti svolge iniziative di formazione del personale di help desk, struttura costituita da figure che svolgono quotidianamente attività di supporto alle risorse interne e che possono rappresentare un volano anche per diffondere sempre più indicazioni e raccomandazioni utili per incrementare i livelli di sicurezza in azienda. Inoltre, partendo dall’assunto che l’utente finale riveste un ruolo fondamentale all’interno delle strategie di sicurezza definite dalla banca, molte realtà svolgono attività informativa verso la clientela. In particolare le iniziative sviluppate sul portale di Internet sono presenti nella totalità del campione di analisi; oltre la metà dei rispondenti inoltre svolge tali iniziative anche attraverso la predisposizione e diffusione di documentazione informativa all’interno delle filiali o nei contratti (55,2%).