“È necessario che il set di regole che si andrà a definire sia condiviso da tutti i membri dell’Unione Europea, al fine di permettere uno sviluppo equilibrato e coerente nei singoli Paesi dei nuovi servizi, in linea anche con gli obiettivi del Mercato Unico Digitale”. Secondo il presidente di Anitec Cristiano Radaelli la scrittura di nuove regole sulla sharing economy sono utili solo se servono a stimolare la crescita. Non a caso, l’associazione confindustriale dell’Ict e dell’elettronica di consumo ha presentato alcune proposte alla 10° Commissione della Camera dei Deputati sul disegno di legge 3564.
“La sharing economy rappresenta opportunità di nuovi modelli di business scaturenti dall’utilizzo delle tecnologie e dei processi digitali, di occupazione, di sostenibilità e riutilizzo delle risorse contrastando le devianze del consumismo e assicurando maggiore sostenibilità – sostiene il numero uno di Anitec -. Con l’economia collaborativa le basi per creare ricchezza e la possibilità di offrire migliori servizi ai cittadini ci sono tutte”. Una transizione e un cambiamento “che va però gestito, come altri che abbiamo vissuto in Europa e in Italia, governando il transitorio secondo un’ottica di medio lungo periodo, evitando per quanto possibile di ricorrere a misure emergenziali”.
Rispetto alla proposta di legge elaborata dall’intergruppo parlamentare per l’innovazione, secondo Radaelli “è positivo il fatto che, forse per la prima volta dopo tanti anni, l’Italia si ponga all’avanguardia tra i Paesi dell’Unione nell’affrontare questi temi, proponendo delle norme relative a questi nuovi modelli economici”. Il presidente dell’Associazione giudica “positivo lo spirito pragmatico nell’affrontare alcuni temi, ad esempio per distinguere tra privati cittadini che offrono il servizio e società, viene individuato un limite economico, al di sopra del quale l’attività viene considerata a tutti i fini un’attività commerciale, individuando invece una normativa fiscale semplificata e con aliquota minore per chi sta sotto soglia, essendo evidentemente in questo caso un’attività occasionale”.
È quindi necessario, sostiene Radaelli, “produrre una normativa semplice che faciliti lo sviluppo di nuovi business e che ponga le basi perché crescano in maniera trasparente”. Anitec stima in 450 milioni di euro la quantità di Pil attualmente oggetto di elusione fiscale, che si potrebbero recuperare con una regolamentazione del settore “che non sia penalizzante, che sia facilmente attuabile e che abbia comunque lo scopo di promuovere un’economia liberale innovativa e collaborativa in senso ampio”.