Smart working nella PA? Stringere i tempi

La bozza delle riforma Madia che prevede il lavoro agile per il 10% dei dipendenti sarebbe una rivoluzione. Ma bisogna evitare l’ormai storica dicotomia tra l’approvazione di provvedimenti legislativi e la mancata attivazione dei decreti attuativi. L’analisi di Guelfo Tagliavini, consigliere nazionale Federmanager

Pubblicato il 29 Lug 2016

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Aspettiamo a vedere ma se fosse vera la notizia che la bozza “top secret” del Governo sul nuovo testo unico del pubblico impiego prevede, tra i provvedimenti, anche quello che almeno il dieci percento dei dipendenti pubblici dovrà, entro tre anni dall’entrata in vigore delle nuove regole, essere messo nelle condizioni di lavorare da casa o comunque da altri siti alternativi al tradizionale ufficio, sarebbe una notizia che ripagherebbe il sottoscritto e Federmanager dall’impegno profuso , su questo tema, a partire da dieci anni a questa parte.

In particolare, dopo varie iniziative, promosse sulle questioni tecnologiche e culturali dell’attività lavorativa non più legata esclusivamente ai tradizionali schemi, fu nel giugno del 2014 che presentai al Ministero della Pubblica Amministrazione (Ministro Marianna Madia) un dettagliato rapporto su modalità innovative applicabili ai dipendenti pubblici dal quale si rilevava come l’adozione, in linea con la media dei parametri europei, di soluzioni di ( telelavoro, smart work, lavoro agile…..) avrebbe determinato economie di scala valutabili nella misura di duecento euro all’anno per dipendente al netto dei costi necessari per gli aggiornamenti tecnologici e di processo richiesti per mettere a punto la nuova modalità di lavoro.

Veniva evidenziato (vedi studio effettuato congiuntamente tra Federmanager e Università di Roma Tor Vergata presentato nel corso del convegno organizzato c/o Cnr nell’autunno 2013), come l’avvio di un piano di smart working, verso il quale consolidare la presenza di circa il sette percento della forza lavoro pubblica e privata, avrebbe procurato un recupero di risorse finanziarie pari ad oltre tre miliardi di euro all’anno in forma crescente e avrebbe messo in moto una fase di revisione dei processi in linea con i criteri di digitalizzazione del Paese promossi con qualche fatica dall’Agenzia per l’Italia Digitale.

Trascuro, perché ormai da troppo tempo se ne parla, di rimarcare i benefici riguardanti il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di tutti gli altri effetti riferiti all’organizzazione della vita sociale con particolare riferimento alle problematiche ambientali amplificate negli agglomerati urbani di maggior dimensione.

Ma ritorniamo alla notizia; speriamo che tra il dire e il fare ……….

Viviamo ormai con senso di impotenza la costante dicotomia tra l’approvazione di provvedimenti legislativi e la conseguente mancata attivazione dei conseguenti decreti attuativi.

Ma in ogni caso un passo avanti è stato fatto e siamo fiduciosi che altri ne seguiranno con urgente velocità.

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