Virginia Raggi fa risparmiare 180 milioni a Telecom. L’alleanza indiretta fra Comune di Roma e azienda telefonica nasce dalla revoca, da parte del Campidoglio, del permesso a costruire nell’area dell’Eur dove sorgono le ex Torri del ministero delle Finanze, note come Torri di Ligini, dal cognome dell’architetto che le progettò. Il veicolo per la costruzione di quella che avrebbe dovuto essere la nuova sede generale di Telecom – che avrebbe permesso di dismettere tutte le altre sedi decentrate a Roma e quindi di risparmiare nel corso degli anni centinaia di milioni di affitto – era stato individuato nella società Alfiere, una joint venture fra Telecom e Cassa Depositi e Prestiti.
Un’inchiesta della Procura di Roma ha però sollevato il dubbio sugli oneri di riqualificazione che Alfiere avrebbe dovuto pagare al Comune: un milione di euro come concordato invece dei 24 milioni stimati dalla Procura. Di qui la revoca dei permessi da parte del Comune. Il più felice della decisione della sindaca Raggi (anticipata con un’ordinanza di sospensione lavori dal prefetto Tronca) è sicuramente il nuovo Ad di Telecom Flavio Cattaneo, da sempre contrario – per esigenze di bilancio – all’operazione, decisa e impostata dal suo predecessore Marco Patuano. Ma la contrarietà di Cattaneo non era bastata a fermare l’operazione, visto che in caso di inadempienza l’azienda avrebbe dovuto pagare una penale di 180 milioni. Dopo la revoca del Campidoglio l’operazione è bloccata senza cher scattino le condizioni giuridiche per il pagamento della penale. Ee finalmente Cattaneo può perseguire la sua strategia, diretta a tagli immediati e contenimento dei costi. Sabrina Ferilli, compagna di Flavio Cattaneo, aveva invitato – a sorpresa – a votare 5 stelle, ma certo non immaginava che una delle prime mosse della giunta Raggi sarebbe stata, di fatto, un gran favore a Telecom.
Il piano voluto da Patuano era stato denominato Smart Working, interessava 10 città e 30mila lavoratori. Prevedeva, in particolare la ristrutturazione di 51 edifici per 400mila metri quadri complessivi, e risparmi grazie ai 700mila metri quadri che si puntava a liberare. Il costo previsto del progetto era di 400 milioni ma, secondo l’ex top manager, si sarebbe autofinanziato con i risparmi attesi dalla razionalizzazione degli immobili. Oltre Roma, il piano coinvolgeva Milano, Napoli, Torino, Palermo, Firenze, Bologna, Bari, Padova e Venezia. Il trasferimento del cuore del gruppo nelle torri che furono del ministero delle Finanze contemplava anche l’abbandono della sede di Corso d’Italia a Roma. Intanto, sul fronte del taglio dei costi, come ha sottolineato Cattaneo nel corso di una recente conference call con gli analisti, si stanno rivedendo i contratti di fornitura e imponendo una serie di misure volte all’efficienza. L’obiettivo di Cattaneo è di innalzare il livello del taglio dei costi previsto dal piano industriale al 2018 di circa un miliardo di euro rispetto alle linee guida tracciate dall’ex numero uno Patuano.