SCENARI

Il Byod sul banco degli imputati: fa male alle aziende e ai lavoratori

La Francia sceglie il diritto alla disconnessione, ma sarà la strada giusta? Il digital strategist Alessio Carciofi: “Il management dovrà avere cura di sanare gli ambienti di lavoro con una strategia di benessere digitale”

Pubblicato il 19 Set 2016

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Il diritto alla disconnessione è davvero la soluzione per conciliare vita lavorativa e vita privata? Il “digital detox” è la strada da perseguire per recuperare la “connessione” con il mondo reale? È possibile un’operazione di “on-off” in un universo il cui il digitale permea la vita privata al punto da far già parte del dna delle nuove generazioni (i digital natives)? È su questi interrogativi che sociologi, piscologici, esperti di economia e di lavoro e persino di marketing si interrogano a caccia di un modus operandi che consenta di raggiungere il punto di equilibrio.

La Francia ha appena optato per il diritto alla disconnessione: dal primo gennaio 2017 i lavoratori potranno decidere di non rispondere alle e-mail e agli sms ricevuti fuori dall’orario di ufficio. Una decisione che se sa un lato – è innegabile – tutela dagli “eccessi”, ossia dal considerare il lavoratore sempre a disposizione dell’azienda, dall’altro crea una “barriera” che odora di anacronismo. In un mondo in cui lo smart working si fa strada e in cui le aziende virano verso “gli obiettivi” e considerano sempre meno determinanti orario e luogo di lavoro, “spegnere” il digitale appare un paradosso.

E c’è un altro aspetto da considerare: il diritto alla disconnessione vale anche per le aziende? Nel senso: le aziende hanno il diritto di chiedere ai propri dipendenti di non usare il cellulare a scopi privati durante le attività lavorative? Quanto valgono, in termini di produttività, l’uso di whatsapp e affini, gli accessi a Facebook e quant’altro “leghi” il dipendente al mondo “esterno” all’azienda? Ma soprattutto è giusto separare i due mondi? Il tema non è da poco al punto che si profila all’orizzonte una nuova figura professionale, quella dell’ “esperto di benessere digitale”. Ed è proprio questa la strada che ha deciso di intraprendere Alessio Carciofi, classe 1983, laureato in economia del turismo, digital strategist e consulente di comunicazione innovativa. Una settimana fa a Milano ha incontrato una quarantina fra Hr manager e figure al vertice di multinazionali e grandi aziende che operano nel nostro Paese ai quali ha spiegato gli impatti e gli effetti dell’uso “patologico” del digitale accendendo i riflettori sulla necessità di un equilibrio. È lo smartphone l’indiziato numero uno: “Il fenomeno del Byod (bring your own device, ndr) ha comportato l’abbandono del telefonino aziendale. Quindi un unico smartphone per tutto. Decisamente più comodo, ma è comprovato che l’uso del telefonino in azienda fa il paio con un aumento dello stress come mai era accaduto nella storia lavorativa. Di fatto la vita privata è “always-on” e sono i lavoratori, prima ancora delle aziende, a risentirne”.

Dati alla mano Carciofi evidenzia che “in Italia sono circa 2 milioni i lavoratori a rischio tecnostress, fonte generatrice di ansia, ipertesione, insonnia, attacchi di panico, disturbi alla memoria, calo della concentrazione e disturbi nelle relazioni con il partner. Si stima che un utente in media controlli il proprio telefono cellulare almeno 150 volte al giorno. Non solo. Sul lavoro si impiegano 120 minuti in più per recuperare il tempo dalle distrazioni dei media digitali”. E secondo uno studio della University of California di Irvine ciascun dipendente viene interrotto in media ogni 180 secondi da nuove e-mail, telefonate in arrivo, notifiche dai social network. “Le nuove tecnologie che ci circondano, dai computer agli smartphone, sono il veicolo principale di continue distrazioni. Una situazione in cui non si può mantenere la giusta attenzione e concentrazione”. Come fare dunque? “In ambienti di lavoro contaminati sempre più dalle distrazioni digitali, ritengo che sia necessario passare dal concetto di gestione del tempo alla gestione dell’attenzione. Sarà questo il “focus” della produttività aziendale: il dipendente dovrà gestire al meglio le distrazioni digitali e il management dovrà avere cura di sanare gli ambienti di lavoro con una strategia di benessere digitale”.

La sfida riguarda in primis, ma non solo, i responsabili delle risorse umane. E non a caso a livello mondiale si stanno sviluppando una serie di iniziative, inclusi corsi di formazione mirati, per individuare azioni e programmi votati a creare il benessere digitale in azienda. Già autore di un ebook sul Digital Detox, Carciofi sta ora lavorando a un libro sul benessere digitale: “La ‘disintossicazione’ è solo una parte del percorso, di sicuro la meno strategica sul lungo termine. Non si può pensare alla disconnessione in un mondo iper-connesso. Bisogna essere realisti, seguire le evoluzioni tecnologiche e di volta in volta capire quali sono le giuste strategie da mettere in atto. Solo così – conclude Carciofi – le aziende e i lavoratori potranno beneficiare davvero del potere e della forza dirompente del digitale”.

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