PALAZZO MADAMA

Smart working, il ddl al rush finale in Senato

Dopo via libera delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali, il provvedimento attende di essere calendarizzato in Aula nelle prossime settimane. Sacconi: “Serve un piano di riqualificazione digitale”

Pubblicato il 20 Set 2016

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Sarà calendarizzato per la discussione in aula nelle prossime settimane il disegno di legge sullo smart working, sintesi tra il ddl governativo e quello parlamentare firmato da Maurizio Sacconi, che a palazzo Madama è presidente della commissione Lavoro. I nulla osta delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio risalgono al 13 e 14 settembre, mentre la prossima conferenza dei capigruppo sarà chiamata a calendarizzare l’approdo in aula del provvedimento, dopo l’ok ricevuto dal Ddl proprio in Commissione Lavoro alla fine di luglio.

“Quale relatore – commentava Sacconi in un post sul blog dell’Associazione amici di Marco Biagi – sono soddisfatto per le rilevanti novità introdotte. La nuova definizione di Lavoro Agile corrisponde allo smart working ovvero a quel lavoro che, grazie alle tecnologie, si realizza per fasi, per cicli, per obiettivi perché il lavoratore dispone di un adeguato ambito di autonomia e di responsabilità dei risultati. Poiché i cambiamenti nel lavoro saranno veloci e imprevedibili, saranno le parti del contratto a definire via via le modalità della prestazione anche con riguardo al diritto alla formazione e al diritto alla disconnessione in determinate fasce orarie”.

La nuova normativa ha incontrato in generale l’apprezzamento degli addetti ai lavori, come CorCom ha documentato in una serie di interviste durante l’estate, a partire da quella allo stesso Sacconi, cha ha sottolineato come la vera sfida del futuro sarà nella formazione: “E’ urgente un piano nazionale di alfabetizzazione digitale – ha detto – milioni di persone dovranno essere riqualificate evitando la polarizzazione delle competenze e dei redditi”.

Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart working del Polimi, ha sottolineato la necessita di investimenti ad hoc: “Per l’apprendimento continuo – ha detto – sono necessarie risorse pubbliche aggiuntive. No a oneri sulla sicurezza a carico delle imprese”.

Secondo Emmanuele Massagli, presidente dell’associazione Adapt, è importante adesso che il percorso parlamentare del provvedimento si concluda velocemente: “Bisogna approvare in tempi brevi il ddl per partire con i contratti collettivi – ha sottolineato – Altrimenti la norma nascerà già vecchia”

Lo smart working è destinato ad avere un impatto importante anche sul mondo dei sindacati. A testimoniarlo è Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cils: “Anche il sindacato cambierà pelle – afferma – Non si fanno sconti sui diritti, ma servono nuovi parametri. Il lavoratore diventerà uno stakeholder dell’impresa. E se gli chiediamo di formarsi, dovranno farlo anche i sindacalisti”.

Della nascita di una nuova cultura d’impresa parla Cristiano Radaelli, presidente di Anitec, l’associazione confindustriale dell’Ict e dell’elettronica di consumo, secondo cui il digitale offrirà nuove occasioni “di rilancio e nuova occupazione”, con “più alta qualità della vita e maggiore motivazione per i collaboratori”.

Ma non sono mancate le opinioni critiche, come quella di Guelfo Tagliavini, consigliere nazionale di Federmanager, secondo cui le norme varate dalla commissione Lavoro del Senato sono “troppo timide”: “Il Paese sta affrontando la sfida del cambiamento con lentezza – spiega – e le regole in discussione, poco coraggiose, ne sono un sintomo. Rischiamo fra 5 anni di esser tagliati fuori dalla modernità”.

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