Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 15% della popolazione globale soffre di qualche forma di disabilità. Nell’Unione Europea, sono circa 80 milioni i soggetti con disabilità, più del 15% della popolazione; solo il 48% è occupato. Per garantire pari opportunità a tutti, sia l’Ue che l’Italia si stanno concentrando sulle possibili aree di intervento per migliorare l’accessibilità: ci sono le politiche della Commissione sull’inclusione, enti di normazione e standardizzazione, e aziende impegnate a garantire a tutti l’accesso al mercato del lavoro con prodotti accessibili, come Microsoft. Ne abbiamo parlato con Alex Li, Strategic Standards Analyst del colosso americano.
Windows, a volte bersagliato dagli utenti per aggiornamenti che complicano anziché semplificare le versioni precedenti, sta diventando davvero più user-friendly?
Ci siamo resi conto di non aver concentrato quanto dovevamo le nostre energie sul nostro sistema operativo, mentre la concorrenza diventava più agguerrita. Da un paio d’anni abbiamo corretto il tiro. Il nostro sistema operativo e i nostri prodotti hanno lo specifico obiettivo di semplificare la vita di chi li usa e di essere utili, per gli utenti consumer come per quelli in azienda. Puntiamo a migliorare sempre e oggi l’accessibilità nei prodotti Microsoft è una feature essenziale come la sicurezza.
Che cosa vuol dire per Microsoft accessibilità? Volete conquistare nuovi mercati, per esempio vendere di più in una Pubblica Amministrazione maggiormente sensibile ai temi dell’inclusione?
Per noi non si tratta di fare prodotti per persone speciali. Si tratta di fare prodotti migliori per tutti. Perché se la luce del sole batte sullo schermo del suo smartphone o del suo Pc lei non riesce a leggere niente, esattamente come un non vedente. L’obiettivo di Microsoft è dunque un prodotto più efficiente, funzionale, semplice e che aiuta la produttività, per tutti, perché la tecnologia è un enabler. Ovviamente aiuta a superare le disabilità fisiche e favorisce l’accesso allo studio e al lavoro, questa è la grande sfida da vincere oggi. Ma in generale una tecnologia migliore aiuta le persone a realizzare le loro potenzialità, comunque e ovunque siano. Il nostro scopo non è vendere di più: se proponiamo a un ente pubblico un prodotto con caratteristiche di accessibilità, non vuol dire che verranno acquistati più computer, sistemi operativi o altri prodotti o servizi.
Da dove nasce il vostro forte impegno?
Microsoft è uno dei più grandi provider del mondo. Siamo un colosso informatico, possiamo fare la differenza con i nostri prodotti e promuovendo gli standard nel mondo. Ora stiamo studiando anche le disabilità cognitive e di apprendimento, per capire come la tecnologia può aiutare in questi casi. La nostra funzionalità TellMe, per esempio, guida l’utente fornendo istruzioni: è frutto degli avanzamenti di Microsoft nell’intelligenza artificiale, che vanno oltre gli standard di settore.
Gli standard però sono molto importanti e voi vi battete perché siano omogenei su scala globale.
Avere standard uguali per i provider che vendono alle PA e alle aziende prodotti software con caratteristiche di accessibilità vuol dire abbattere i costi e semplificare la vita per tutti, anche agli utenti. L’Europa sta accelerando in questo ambito e, dopo un iniziale ritardo rispetto agli Stati Uniti, sta recuperando. Anzi, gli standard Ue sono presi a modello da altri paesi, come India e Australia anche gli Stati Uniti, che pure si erano mossi per primi, si sono messi a studiare le norme europee.
E l’Italia? Stiamo facendo bene?
L’Italia è l’unico paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, ad aver approvato, all’interno del nuovo Codice Appalti per la Pubblica Amministrazione, una disposizione volta a garantire l’accessibilità dei servizi e dei prodotti Ict nel settore pubblico. Sulle regole l’Italia è pioniere e sugli standard perfettamente allineata all’Ue. Ora serve un ulteriore passo in avanti: vigilare su una solida implementazione che sia capillare su tutti i livelli della Pubblica Amministrazione.
Magari con un sistema di multe e sanzioni?
Condivido poco il criterio del “promosso o bocciato”. Trovo più efficace un sistema di misurazione dettagliato, con dei voti che indichino chi fa meglio e chi deve impegnarsi di più, così da spronare la competizione. Certo, se un’amministrazione compra zero prodotti accessibili una forma di penalità deve essere prevista. Per il resto, trovo efficace diffondere le best pratice e premiare i migliori.
E i meno bravi?
Negli Usa chi non fa bene finisce sotto la lente del Congresso e alla gogna dei media. Anche senza multe, non si scappa.