Microsoft e Disney sono pronti a entrare nella corsa a Twitter. Nonostante il ceo del social network, Jack Dorsey, non abbia mai ammesso pubblicamente l’avvio della vendita, il mercato è convinto che per la società sia arrivato il momento di convolare a nozze. I primi player ad essere tirati in ballo sono stati Google e Salesforce, il gigante californiano del cloud, ma la lista dei pretendenti sembra destinata ad allargarsi.
Anche la Disney sarebbe infatti al lavoro su un’offerta che le consenta di mettere le mani su un business, quello social, che per la compagnia di media e intrattenimento rappresenta un punto di debolezza. La presenza di Dorsey nel board di Disney potrebbe costituire una via preferenziale all’avvio delle trattative tra i due giganti, ma allo stato attuale oltre le indiscrezioni c’è poco e nulla.
Più o meno la stessa situazione che riguarda Microsoft, che dopo l’acquisizione di Linkedin potrebbe tornare sul mercato a caccia di un secondo colpaccio M&A, magari ingaggiando un nuovo duello con Salesforce, che secondo il Wall Street Journal avrebbe poco da guadagnare da un deal con Twitter. Tra gli altri colossi chiamati in causa ci sono 21st Century Fox, Amazon, Verizon e Apple.
Insomma, l’interesse per il social network dei cinguettii non manca ma da qua a mettere sul piatto i miliardi di dollari necessari ce ne passerà. Google e Salesforce sono i due player con cui Twitter si è già seduto a tavolino per l’avvio di trattative preliminari, anche se ieri indiscrezioni di stampa dagli Usa parlavano di un Big G uscito subito dai giochi. Disney e Microsoft appaiono invece le due società che potrebbero presto muovere passi concreti.
La grandezza della preda, che ha un valore di mercato pari a 16 miliardi, potrebbe far saltare fuori nuovi interessi nelle prossime settimane per quella che potrebbe essere una gara piuttosto affollata. Forse è per questo motivo che il board di Twitter non ha ancora deciso di uscire allo scoperto ufficialmente, pur avendo incaricato Goldman Sachs di raccogliere le manifestazioni di interesse. L’obiettivo è di raccogliere “almeno 30 miliardi di dollari”.
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