Un nuovo Statuto dei Lavoratori, più flessibile e in grado di tenere il passo con le trasformazioni tecnologiche e organizzative in atto nelle economie e nelle società rispetto agli assetti produttivi. Un corpus di diritti di base che rispondano ai caratteri di imprevedibilità e velocità tipici della quarta rivoluzione industriale. È questo l’obiettivo del disegno di legge “Delega al governo per la definizione di un Testo Unico denominato Statuto dei Lavori”, presentati al Senato da Maurizio Sacconi, Serenella Fucksia e Hans Berger.
“Cambiano i modelli organizzativi della produzione, cambiano i lavori nella quarta rivoluzione industriale. Ma nessuno può prevedere la velocità e la dimensione dei cambiamenti. Sappiamo solo che viene meno il vecchio mondo, fatto di gerarchie verticali e di mera esecuzione seriale degli ordini impartiti – spiega il senatore Sacconi – Il vecchio mondo su cui è stato costruito tutto il pesantissimo diritto del lavoro, fatto di regole protettive del ‘contraente debole’ che ora diventano spesso un freno alla occupabilità e alla migliore tutela dello stato di salute”.
Allo stesso modo, in un contesto di forte sprint digitale, anche la primaria prevenzione dei pericoli per la salute e sicurezza dei lavoratori, cui è dedicato un parallelo disegno di legge, “non si può più affidare a meri adempimenti formali disposti da leggi invasive tarate sulla grande fabbrica fordista”, sottolinea Sacconi.
Alla base dei due ddl si pone una sorta di “salto” metodologico, quello per cui la fonte legislativa si deve limitare alle norme fondamentali e inderogabili che sono espressione dei principi costituzionali e comunitari. Per tutto il resto si deve fare rinvio alla duttile contrattazione, soprattutto di prossimità, compresa quella individuale sviluppando la certificazione dei contratti; e per la sicurezza a quelle linee guida, norme tecniche, buone prassi la cui evoluzione e applicazione devono essere validate scientificamente.
Nel dettaglio l’articolo del ddl che delega il governo a riformare lo Statuto dei Lavoratori (entro sei mesi dall’entrata in vigore dello stesso disegno di legge) prevede un nucleo fondamentale di diritti basici applicabile a tutti i rapporti di lavoro a prescindere dalla tipologia di contratto con l’obiettivo è quello di responsabilizzare la contrattazione tra le parti, soprattutto a livello collettivo e di prossimità, ma anche individuale.
Il nucleo di questi diritti dovrà essere conforme ai princìpi contenuti nella Carta costituzionale, nonché alla dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui principi e diritti fondamentali sul lavoro approvata dalla Conferenza internazionale del lavoro il 18 giugno del 1998 e alla Carta dei diritti fondamentali della Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000.
Tra questi diritti fondamentali e inalienabili non figura l’articolo 18 della legge n. 300 del 1970: il ddl ne propone la definitiva abrogazione.
Esclusi questi fondamentali diritti tutto il resto è negoziabile soprattutto nella dimensione aziendale, incluso il contratto individuale dove previsto. “In sede di accordo le parti possono definire le modalità agili di impiego delle tecnologie nelle prestazioni di lavoro, autonomo o subordinato, ove la prestazione si realizza per fasi, cicli, progetti, obiettivi e risultati”, si legge nel ddl.
Il contratto individuale o aziendale ha inoltre il compito di regolare in modo specifico il diritto del prestatore di lavoro all’apprendimento permanente nonché la periodica certificazione delle relative conoscenze, competenze e abilità attraverso le sedi di certificazione dei contratti di lavoro ove convenzionate con i fondi interprofessionali per la formazione continua.
La nuova disciplina, in quanto compatibile, si applicherebbe anche ai dipendenti delle PA con esclusione della carriera prefettizia e di quella diplomatica, delle Forze armate e della Polizia di Stato.
“All’origine di queste proposte sono le visioni di Marco Biagi, la sua diffidenza verso il formalismo giuridico, la sua intuizione sui cambiamenti dei lavori e sulla tutela sostanziale dell’apprendimento continuo – ricorda Sacconi – Esse provocheranno discussioni e forse anche le usuali invettive riservate a chi suggerisce riforme nel presupposto dell’antropologia positiva perché l’impresa non è fisiologicamente ritenuta il luogo dello “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Secondo il senatore farà discutere in particolare il radicale cambiamento ipotizzato per la prevenzione dei rischi nel lavoro.
In sintesi il ddl sulla salute e sicurezza sul lavoro prevede:
– introduzione del principio del rispetto dei livelli di regolazione minimi previsti dalla legislazione comunitaria di riferimento, eliminando quelle parti delle normative italiane (leggi, decreti, altre fonti) che rispetto ai livelli di regolazione delle direttive comunitarie siano ulteriori e non giustificati da esigenze di tutela dei lavoratori;
– riconoscimento del principio per il quale il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure di prevenzione e protezione che rappresentano lo “stato dell’arte” in materia di prevenzione di infortuni e malattie, in quanto elaborate da soggetti competenti e, se necessario, “validate” da soggetti pubblici;
– identificazione di principi essenziali di sicurezza, tratti dalle direttive europee e contenuti nelle “norme tecniche”, nelle “buone prassi” e nelle “linee guida”, che costituiscano i livelli inderogabili – applicati unitariamente a livello nazionale – della tutela dei lavoratori rispetto agli infortuni e alle malattie professionali e il parametro di valutazione dell’adempimento degli obblighi delle aziende, con conseguente abrogazione delle disposizioni “di dettaglio” (tuttora vigenti, spesso risalenti agli anni ’50) di cui ai Titoli II e seguenti del d.lgs. n. 81/2008;
– possibilità per i soggetti obbligati di rivolgersi a soggetti “esperti” in materia di salute e sicurezza sul lavoro i quali, sotto la loro responsabilità professionale, possano “certificare” la correttezza della progettazione e realizzazione delle misure di prevenzione e protezione in azienda, anche previo accesso al patrimonio informativo di cui al Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (Sinp);
– incentivazione, con un meccanismo di “bonus-malus” a valere sui premi Inail, della adozione ed efficace attuazione in azienda delle misure di prevenzione di infortuni e malattie professionali.
– complessiva rivisitazione della normativa vigente, eliminando ripetizioni e sovrapposizioni, anche con riferimento all’apparato sanzionatorio, garantendo la semplificazione della normativa nonché l’effettiva e corretta modulazione dei precetti, anche sanzionatori.