Non c’è nulla di più efficace di una esperienza sul campo o “on the road” per capire e valutare il vero valore dell’IoT. Lo dimostra anche l’esperienza della Cape2Cape, la sfida all’estremo che ha messo a dura prova la resistenza di tre piloti, della loro Volkswagen ad alto “tasso” di IoT, wearable, Big Data e Cloud per dare vita a uno straordinario laboratorio di testing per connected car a cielo aperto.
«HPE è da tempo fortemente impegnata in attività di sperimentazione per l’automotive del futuro – spiega Carlo Arioli, EMEA Account Based Marketing Program Manager di Hewlett Packard Enterprise -. Queste attività ci stanno dando la possibilità di confrontare degli approcci diversi dal punto di vista delle possibili soluzioni da portare poi in produzione». L’avventura Cape2Cape, realizzato anche grazie alla partnership con Intel e Volkswagen, ha visto tre piloti, Rainer Zietlow, Marius Biela e Sam Roach, affrontare il viaggio dal freddo di Capo Nord, per arrivare sulle coste di Cape Town in Sud Africa, in condizioni estreme.
L’esperimento aveva anche un obiettivo agonistico che i tre piloti hanno superato, conquistando il record mondiale su questo percorso di 19mila Kilometri attraverso 21 paesi con un tempo di 9 giorni, 4 ore e 8 minuti. Altrettanto estrema la sfida per IoT e infrastrutture. Ciascun pilota era dotato di un ricco corredo di sensori on-board, grazie anche alla partnership di HPE con IAV, società specializzata in componenti per automotive. Tutti gli apparati erano in costante collegamento con la soluzione Cloud sviluppata per analizzare in tempo reale le informazioni generate. Il gateway HPE Edgeline IoT System, equipaggiato con il database analitico HPE Vertica , acquisiva e analizzava i dati in realtime a bordo della vettura e spediva, sempre in condizioni estreme, le sole informazioni che dovevano essere elaborate e analizzate a livello centrale. HPE and Intel hanno poi dotato il team di una soluzione di connettività “in-car” con un livello di affidabilità del 100% e nel corso della gara la vettura è rimasta sempre in contatto 24/7 trasmettendo solo i dati aggregati mentre gli HPE Edgeline hanno registrato e conservato tutto lo storico dei dati prodotti dai sensori e dall’equipaggiamento wearable dei piloti. All’arrivo a Città del Capo auto e piloti hanno “scaricato” qualcosa come 350 GB di dati preziosissimi che hanno poi consentito di dare vita a uno “use case” unico nel mondo automotive.
«Uno dei tanti risultati di questa esperienza – prosegue Arioli – riguarda lo studio degli stili di guida e lo sviluppo di modelli legati alla personalizzazione del “comportamento” delle vetture. Attraverso l’analisi dei dati provenienti dai wearable sono arrivate informazioni legate all’affaticamento dei piloti, alla loro concentrazione, alla reazione allo stress e agli imprevisti. Grazie alla applicazione di algoritmi di machine learning ai dati degli accelerometri, dell’angolo dello sterzo e dei freni sono stati identificati e codificati 3 diversi stili di guida per i 3 piloti. Sulla base dei dati provenienti dai sensori gli analytics identificavano immediatamente quale pilota era in quel momento al volante. Con queste informazioni, reali e concrete, si sono sviluppate nuove idee per possibili soluzioni nell’ambito della sicurezza stradale. Con queste informazioni si è potuto poi personalizzare le vetture ai diversi stili di guida unendo i dati wearable allo stato di fatica dei piloti, studiando le deviazioni dal loro normale stile di guida per identificare possibili rischi. Questo esperimento ha permesso di collaudare soluzioni che permettono di valutare in modo molto preciso lo stato di salute o di affaticamento del pilota e di avvertirlo quando eccede, entrando in una soglia di pericolo. I dati delle Connected Car sono utili non solo ai passeggeri, ma anche per migliorare la vita delle persone nelle aree urbane e per l’ambiente intorno alle auto: HPE sta collaborando anche con Uber che analizza tutti i dati di tutte le corse nel mondo con HPE Vertica per ottimizzare la mobilità e l’inquinamento delle città e con Ford per ottimizzare con IoT il Fleet Management delle aziende.
Una delle basi degli sviluppi in ambito Connected Car di HPE è poi rappresentato dalla HPE Universal IoT Platform , la piattaforma che permette di gestire la connettività, la raccolta, la normalizzazione e l’analisi di tutti i dati a bordo della vettura. L’importanza della piattaforma deriva dalla possibilità di andare oltre i dati della sensoristica a bordo di una singola vettura e di saper raccogliere e correlare in tempo reale informazioni provenienti da oggetti diversi con standard diversi, con cui la vettura è chiamata a interagire. E’ il caso ad esempio dei sensori di altre auto connesse alla rete 3G/4G, dei sensori sul territorio urbano connessi con accessi tipo LoRa o a informazioni che arrivano da internet o dai social media e permettono la valutazione delle informazioni meteo o delle condizioni del traffico. Ad esempio quando i sensori relativi al manto stradale dell’auto registrano la pioggia, la soluzione HPE (link a: http://www.internet4things.it/brand/hpe/ ) mette in relazione questa informazione con il flusso dei dati legati alla velocità, all’accelerazione, alla pioggia, alle frenate che arrivano da tutti i veicoli sul quel tratto di strada, li correla con i dati meteo ed è in grado di suggerire direttamente sul display della vettura (grazie agli apparati di IAV) la velocità consigliata e la durata dei tratti pericolosi.
Arioli sottolinea infine l’importanza di lavorare su piattaforme aperte con standard condivisi per permettere a tutti i partner di sviluppare e creare soluzioni nel rispetto della massima interoperabilità. OneM2M è lo standard usato nella HPE Universal IoT platform che permette di comprendere i dati provenienti da sensori di diversi produttori, sia che si tratti del mondo automotive, sia che arrivino da altri “mondi” come Smart Building, Smart City, Smart city per gestire realmente l’interconnessione di tutti i servizi come la ricerca del parcheggio e il pagamento dei pedaggi.