La pirateria nel mondo dei contenuti televisivi a pagamento e di quelli cinematografici è una “piaga” che affligge l’industria dell’audiovisivo in Italia. Dai dati resi pubblici nelle scorse settimana da Fapav emerge che, per il grande schermo, sei film su 10 sono disponibili online illecitamente entro il primo week end di programmazione nelle sale. E le grandi serie o gli eventi sportivi live non sono da meno. A fare il punto della situazione con CorCom è Federico Bagnoli Rossi, segretario generale di Fapav, la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali
Bagnoli Rossi, qual è il peso del fenomeno per quanto riguarda la Pay Tv?
Dalle attività che conduciamo giornalmente quello che risulta evidente è che il consumo di serie e programmi televisivi tramite portali pirata è un fenomeno preoccupante e in continua ascesa. Recentemente è stata diffusa la notizia che il primo atteso episodio della nuova stagione di “The Walking Dead” è stato visto illegalmente da oltre 600.000 utenti nelle prime 24 ore dalla messa in onda e i dati che vengono diffusi ogni anno in occasione del finale di stagione de “Il Trono di Spade” non sono da meno, si parla di oltre un milione di download a poche ore dalla messa in onda. Sono numeri a nostro avviso sottostimati poiché è difficile quantificare un dato di questo tipo, che si basa soprattutto sui torrent e non tiene conto, ad esempio, dello streaming. Il prodotto televisivo, per la sua natura, è anche più complicato da proteggere poiché dispone di molte più fonti di approvvigionamento pirata rispetto a un film. Articolato anche il caso dei contenuti calcistici live, poiché la stessa individuazione è più ardua da circoscrivere in quanto la violazione avviene nel momento stesso della partita, dopodichè lo streaming si interrompe e non rimane traccia del file.
Oltre ai mancati introiti per le aziende, quali danni produce questo fenomeno all’ecosistema dell’audiovisivo e della produzione di contenuti?
La pirateria audiovisiva ha delle importanti ricadute sul piano economico anche per quanto riguarda la perdita per l’erario, l’evasione fiscale e incide sul piano occupazionale. Quello che come Fapav cerchiamo di far comprendere, soprattutto alle nuove generazioni, è che dietro un film o una serie televisiva vi sono centinaia di professionisti e maestranze e la pirateria danneggia anche il loro lavoro, compromettendo la futura produzione artistica e di intrattenimento del nostro Paese. Siamo attivi, pertanto, su progetti di educazione e sensibilizzazione come “Io faccio film”, la campagna recentemente lanciata a sostegno dei lavoratori del nostro cinema, e “Rispettiamo la creatività”, un progetto che promuoviamo assieme ad altre associazioni e rivolto agli studenti delle scuole secondarie di primo grado.
Quanto è servito il “modello Spotify” per arginare la pirateria nel campo della musica?
Il lancio di Spotify è stato sicuramente positivo per il settore musicale. In virtù delle specificità e delle differenze del nostro mercato non credo che sia però applicabile al contenuto audiovisivo. Un modello abbinato freemium/premium come quello di Spotify non penso possa essere sufficiente a garantire un’offerta ricca e competitiva. Un servizio come Netflix, invece, che si basa su una sottoscrizione mensile dal prezzo vantaggioso, mi sembra più in linea con le esigenze del mercato. Va da sé, ovviamente, che in un modello di questo tipo e in un mercato che prevede l’arrivo di nuovi player, giocano un ruolo fondamentale i contenuti originali proposti al fine di differenziare l’offerta e renderla più appetibile per il consumatore. Non è un caso che, ad esempio, che gli stessi Netflix, Amazon Prime Video e le altre piattaforme investano sempre più sulle produzioni originali.
Quali sono le vostre proposte-azioni per facilitare l’aumento di offerta legale?
La Fapav ritiene che un’adeguata offerta legale che venga incontro alle esigenze del consumatore, rappresenti un aspetto fondamentale della lotta alla pirateria. Salutiamo infatti con favore iniziative come quella recentemente lanciata da MYmovies, “Trovastreaming”, il motore di ricerca dei contenuti sulle principali piattaforme legali di contenuti audiovisivi sul nostro mercato, o la ”Mappa dei contenuti” realizzata qualche anno fa da Confindustria Cultura Italia.
Come giudicate lo “zero-geoblocking” auspicato dal Commissario UE Andrus Ansip? Guardate con favore o con riserva a un mercato unico digitale anche per il copyright?
La nostra posizione al riguardo è che sia necessario trovare un giusto bilanciamento tra le necessità dei consumatori e quelle dell’industria, garantendo la giusta remunerazione per chi quel contenuto l’ha prodotto e realizzato. Le attuali offerte legali disponibili sono molto flessibili e ritengo che rispondano già a molte delle esigenze dei consumatori. Nei prossimi anni l’offerta legale digitale continuerà a crescere e non potranno che esserci miglioramenti al riguardo. Quello che auspico è che la Commissione UE voglia cogliere l’occasione del Mercato Unico Digitale per affrontare anche un altro importante aspetto, ossia quello relativo alla responsabilità degli intermediari. La normativa vigente non è infatti più in linea con le reali situazioni e criticità del mercato. Come anche sottolineato dallo stesso Parlamento Europeo in più occasioni, non è più sostenibile il “value gap” esistente tra le remunerazioni dei fornitori di servizi e quelle dell’industria culturale e dell’intrattenimento.