La preoccupazione corre over-the-top. Ma anche la sfida. “Chi
avrebbe mai pensato, ancora qualche anno fa, che ci saremmo trovati
come nostri concorrenti nomi quali Google o Amazon?” Nessuno,
probabilmente nemmeno le stesse dot company, viene da rispondere
alla domanda che ci pone Franco Bernabè,
amministratore delegato di Telecom Italia. Un problema, la sfida
dei californiani, diventato in fretta acuto e spinoso. E non
riguarda soltanto TI, ma un po’ tutte le telco. Lo si è visto al
recente summit di Bruxelles sull’Agenda digitale organizzato
dall’Etno insieme al Financial Times. Quel fronte è caldo per
tutti. “Un fronte che si chiama servizi – osserva Bernabè –
c’è in tutti noi la chiara convinzione che il business della
voce, quello che da sempre è stato il punto di forza delle telco,
non basta più a fare i bilanci. Il servizio voce si sta
trasformando sempre più in una commodity che offre margini sempre
più bassi. I prezzi sono in calo e scenderanno ancora: è inutile
farsi illusioni. Restare ancorati al passato significa
perdersi”.
Infatti c’è chi vi chiama, magari con un po’ di
supponenza, dumb pipes, trasportatori stupidi di bit.
La supponenza nasce dal fatto che ci vorrebbero stupidi per
batterci meglio. Ma noi stupidi non siamo. In passato,
infrastruttura di rete e voce erano sostanzialmente la stessa cosa:
chi possedeva la rete, e cioè le telco, erogava anche il servizio
voce. Adesso non è più così: la voce può offrirla anche chi non
ha la rete. Tanto che la stessa Google si è messa a proporre un
servizio voce ai consumatori. Lo stesso discorso vale per tutti i
nuovi servizi che passano sopra l’infrastruttura di tlc. È lì
che stanno l’innovazione ed il valore aggiunto più
significativi: il futuro delle telco si gioca oltre la rete, sui
servizi che ci passano sopra.
Lo stesso campo di gioco in cui sono entrate le
dotcom.
Infatti, se fino ad ora la battaglia delle tlc aveva visto le telco
come protagoniste esclusive, magari con il confronto fra Olo ed
incumbent, ora tutti noi dobbiamo fare i conti con nuovi giocatori.
A tutto campo. Tra l’altro si tratta di player che a volte
giocano con regole meno stringenti delle nostre. Si pensi, ad
esempio, a una questione fondamentale come la privacy. Noi siamo
costretti a rispettare le norme europee, estremamente rigorose
nella tutela dei diritti di riservatezza dei consumatori. Le
aziende americane, grazie ad un’intesa con l’Ue firmata nel
2000, possono venire in Europa ed agire sulla base delle regole
vigenti negli Stati Uniti; regole che sui diritti alla privacy dei
consumatori sono molto più lasche delle nostre. In Italia abbiamo
18 milioni di persone presenti su Facebook che sono costretti ad
accettare una tutela della privacy più limitata, pur di accedere
al servizio.
Privacy a parte, sarà una bella partita.
È una partita che ci costringe a cambiare pelle, in maniera
radicale. Se vogliamo crescere, dobbiamo essere capaci di fornire
servizi evoluti ai consumatori, alla Pubblica amministrazione, alle
grandi imprese e al mondo delle aziende diffuse che in Italia sono
numerosissime.
Per assumere che pelle?
Quella di un’azienda che, oltre ai servizi di tlc, è in grado di
fornire anche servizi IT. Del resto, i due mondi sono sempre più
collegati ed integrati. Telecom deve trasformarsi in un’azienda
di Ict a tutto campo: il nostro core business deve diventare la
fornitura di infrastrutture e servizi digitali, di tlc e di
informatica.
Eppure, si diceva che voleste abbandonare l’IT, magari
dandola in outsourcing.
Non è assolutamente così. Anzi, abbiamo riorganizzato il nostro
settore IT proprio per potenziare la nostra offerta di servizi
informatici. La riprova di ciò è il lancio di “Nuvola
italiana”, la nostra offerta per il cloud computing.
Lei l’ha presentata come una specie di “strategia
Paese”, prima ancora che come un’offerta
commerciale.
È un’offerta commerciale di servizi innovativi che testimonia la
volontà di Telecom Italia di entrare da protagonista nell’IT ma
è anche un’offerta che, se avrà successo come credo, aiuterà
il Paese a crescere.
In che senso, scusi?
Mi pare evidente che se le aziende italiane non riusciranno a
compiere un salto di produttività, non riusciranno a essere
competitive nel mondo globalizzato. Siamo di fronte a una crisi
strutturale che non può essere superata facendo affidamento
unicamente su impulsi sporadici o esogeni. L’Italia ha perso
posizioni competitive rispetto a Paesi come la Germania o la
Francia. Per riprenderci, abbiamo bisogno di un cambio di
paradigma. E questo riguarda tutti: istituzioni, pubbliche
amministrazioni, imprese,
cittadini.
Cosa c’entra il
cloud?
Una delle ragioni importanti che hanno fatto scivolare indietro
l’Italia è che ha investito meno di altri Paesi in Ict e in
informatica. Per tutta una serie di ragioni, non ultima la
frammentazione del nostro sistema produttivo. Le imprese, in
particolare quelle più piccole, devono essere messe in grado di
compiere un salto di qualità che consenta loro di accostare alle
eccellenze di prodotto quelle economie di scala indispensabili per
competere sui mercati globali. L’Ict può aiutare molto. La
“Nuvola italiana” è un’offerta di servizi ricca e mirata che
consente alle aziende italiane di concentrarsi su quello che sanno
fare meglio, cioè i prodotti, lasciando a noi e alle nostre
economie di scala la gestione delle piattaforme IT. Troppo spesso
per le nostre aziende l’IT ha significato problemi, grattacapi,
spese poco chiare. Il cloud, al contrario, sarà
un’opportunità.
Riuscirà a convincerle? Sono anni che si parla di cloud,
magari usando altre terminologie, ma i servizi della nube stentano
a decollare.
A convincerle non sarò io, ma il fatto che col cloud i nostri
imprenditori potranno risparmiare parecchie delle loro spese IT:
addirittura sino al 60% per certi servizi. E si semplificheranno la
vita visto che avranno bisogno di meno professionalità dedicate in
azienda. Noi possiamo offrire economie di scala, standardizzazione,
personalizzazione, professionalità dedicate. Rispetto
all’informatica gestita in-house dalle imprese, il cloud offre
enormi vantaggi di costo, di efficienza, di qualità del prodotto.
Il cloud consente anche alle aziende più piccole di dotarsi di
soluzioni tecnologiche IT all’avanguardia: si tratta di soluzioni
off-the-shelf che abbattono i costi di sviluppo di soluzioni ad hoc
e rendono più semplice l’introduzione in azienda delle
tecnologie. Senza contare che l’utilizzo di una risorsa “in
affitto” trasforma il capex in opex ed elimina costi ed oneri di
gestione e manutenzione in-house. Meno costi, meno preoccupazioni
gestionali, più efficienza e produttività: è questo il cloud.
Un’opportunità per rinnovare il nostro tessuto industriale. In
assenza di una dotazione Ict adeguata, si corre il rischio di
vanificare gli sforzi compiuti dal sistema industriale italiano dal
dopoguerra ad oggi. Mi consenta dunque di dire che con questa
offerta Telecom Italia ha l’ambizione di porsi come fattore
abilitante dello sviluppo tecnologico e della crescita delle
imprese italiane.
Bernabè: “Il futuro delle telco si gioca oltre la rete”
“Telecom Italia cambierà pelle, diventerà una Ict company”. In una lunga intervista con il Corriere delle Comunicazioni l’Ad di TI svela i piani futuri
Pubblicato il 04 Ott 2010
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