La Commissione europea ha stimato che un aumento del 10% della banda larga può produrre un incremento della crescita economica dell’1,5%. In Italia le telecomunicazioni generano un fatturato complessivo di oltre 40 miliardi, pari al 2,9% del Pil domestico, con un’occupazione diretta di circa 130mila persone, e investono ogni anno circa 6 miliardi di euro. Un settore centrale per l’economia del Paese, ma che sta attraversando una fase delicata, evidenziata anche dal taglio di Moody’s dell’outlook sulle società di Tlc europee, su cui ha pesato il contesto macroeconomico e le forti pressioni competitive e regolatorie, come radicale taglio delle tariffe di terminazione mobile. L’Europa è in ritardo rispetto alle scadenze della Digital Agenda, che prevede tra i principali obiettivi la copertura a banda larga dell’intero territorio europeo entro il 2013, e connessioni ultrabroadband per almeno la metà dei cittadini entro il 2020.
Recentemente il commissario europeo Neelie Kroes si è espressa con forza sulla necessità di accelerare gli investimenti in Nga evitando il rischio di tornare ai monopoli degli anni ‘80 e si è detta aperta a modelli innovativi come il co-investimento con accesso a pari condizioni per tutti gli operatori e competizione sui servizi a beneficio dell’industria e dei clienti. Non stiamo parlando solo di una connessione più o meno veloce, o della copertura di una quota più o meno ampia di territorio. La vera posta in gioco, quando si parla di reti Tlc di nuova generazione, è rappresentata dal livello di interazioni con tutti i comparti produttivi, dagli oneri di sistema che ne scaturiscono, dai costi complessivi di produzione più bassi che si traducono in posti di lavoro: quindi benessere, sviluppo, progresso.
In Italia il settore della telefonia mobile ha continuato ad investire con fiducia nel Paese, e lo ha fatto in modo straordinario, come dimostrano la recente asta per l’acquisizione delle frequenze e gli investimenti in programma per realizzare la rete di quarta generazione. Sul fronte delle reti in fibra, dopo oltre un anno e mezzo di iniziative e di confronti a livello nazionale e locale, è importante ora uscire dal dibattito e entrare in una fase operativa con un piano ambizioso capace di attrarre investimenti privati industriali e finanziari per lo sviluppo delle infrastrutture e del Paese. Abbiamo fiducia che il nuovo Governo saprà riconoscere e sostenere il ruolo delle imprese private attraverso politiche coerenti e di lungo termine.