Chiusura degli accordi transfrontalieri entro dicembre 2017, un anno in più per consegnare la roadmap e liberazione delle frequenze 700Mhz nel 2020 o al massimo nel 2022 ma solo per determinati motivi. Il Parlamento europeo fissa tempi certi per il processo di migrazione della “banda pregiata” verso il mondo delle telecomunicazioni mobili, modificando alcuni aspetti importanti del testo promosso dalla Commissione. Gli emendamenti di compromesso, opera della mediazione della vicepresidente della Commissione industria Patrizia Toia, toccano infatti tanto la tempistica quanto alcuni principi, dalla trasparenza alla neutralità tecnologia. Modifiche e cambi di scenari che interessano gli Stati e gli operatori dei mercati media e telco.
Obiettivo 2020, ritardo possibile seppur limitato – La proposta della Commissione europea conteneva già l’obiettivo di concludere il passaggio di frequenze agli operatori mobili nel 2020, ammettendo come limite massimo per la liberazione il 2022. Una previsione confermata dai compromessi trovati all’interno della Commissione, che aggiungono però alcuni dettagli tutt’altro che trascurabili. Innanzitutto, evidenzia il rinnovato articolo 1, chi prevede di arrivare in ritardo non deve solo ad avvertire gli altri Stati e l’Unione europea ma anche e soprattutto deve avere “motivi debitamente giustificati” per ottenere più tempo a disposizione.
Questi impedimenti sono elencati nel nuovo articolo 1a che cita esplicitamente: problemi irrisolti di coordinazione cross-border sulle interferenze; complessità tecnica per la migrazione di una grande fascia di popolazione verso standard avanzati; costo finanziario del processo superiore agli incassi attesi; una più generale “forza maggiore”. Viene sottolineata la necessità di assicurare “trasparenza delle procedure” e si “assicura la disponibilità fino al 2030”.
Roadmap più dettagliata. Ma prima gli accordi – L’altra grande novità aggiunta dal Parlamento al testo originario della Commissione europea riguarda le dinamiche cross-border e le tappe della liberazione nei singoli Paesi. Quest’ultimi guadagnano innanzitutto un anno e dovranno presentare la propria roadmap entro giugno 2018 anziché 12 mesi prima. Inoltre, si passa da un vago “piano nazionale entro giugno 2017” a una roadmap che includa l’indicazione degli “step dettagliati”, dei motivi avanzati dagli Stati in caso di ritardi e, novità importante, delle informazioni sul processo di coordinamento con i Paesi vicini.
Quest’ultimo punto si lega strettamente ai problemi di interferenze che in certi casi, alcuni dei quali riguardano da vicino l’Italia, stanno rendendo più turbolento il processo di liberazione. Il compromesso firmato dall’Europarlamento mantiene la deadline del 31 dicembre per la chiusura degli accordi transfrontalieri, che arriveranno quindi prima della stesura della roadmap (non dopo, come previsto dalla Commissione) e nella stessa roadmap dovranno essere resi noti. Così facendo, gli Stati avranno più tempo per individuare i diversi stemp e allo stesso tempo l’Europa potrà effettuare un controllo più efficace, semplicemente perché avrà molti più elementi a disposizione.
Più compatti al tavolo globale 2023 – Se per la roadmap il limite temporale viene allungato di un anno, un anticipo è invece previsto per la relazione della Commissione sull’uso delle frequenze e su una possibile variazione della loro destinazione. La valutazione non dovrà più arrivare entro il 1° gennaio 2025, bensì due anni prima. Per di più, riguarderà tutta la banda Uhf (470-960Mhz) e non solo lo spettro 470-694Mhz come previsto inizialmente.
Lo spostamento temporale e l’allargamento della valutazione sono strategici, come spiega il nuovo articolo 6 che cita lo “sviluppo di una posizione comune per la revisione delle frequenze al World Radiocommunication Conference 2023”. L’Europa non vuole farsi trovare impreparata e vuole insomma presentarsi fra 7 anni con una posizione (difficile farlo se fosse rimasto l’orizzonte al 2025), che riguardi un più ampio spettro di frequenze e sia compatta.
Le altre previsioni, dagli Mvno alla net neutrality – Tra gli emendamenti di compromesso rientrano anche altre e diverse indicazioni. Spicca la previsione che porta gli Stati a dover “assicurare che i costi diretti, soprattutto per gli utenti finali, della migrazione o riallocazione dell’uso spettro sia adeguatamente compensata”. Ciò significa che, sempre qualora “appropriato” e in “accordo con le leggi comunitarie” gli Stati potrebbero compensare economicamente quegli operatori chiamati a dismettere e spegnere i propri trasmettitori o, vista l’indicazione esplicita ai consumatori, sostenere e incentivare l’acquisto di nuovi decoder e device per la trasmissione televisiva.
Da segnalare infine altri 3 novità: l’accesso wholesale che dovrà essere garantito agli operatori mobili virtuali (Art. 3), l’inserimento del principio della neutralità tecnologica e l’invito agli Stati nella promozione di scenari di convergenza media-telecomunicazioni (entrambi contenuti nel rinnovato articolo 4).