Il 2016 verrà ricordato come l’anno della discontinuità. Un anno strano, in cui succedono cose nuove, anche dal punto di vista delle tecnologie digitali. Adesso infatti viviamo in un mondo in cui Google produce telefonini e Microsoft vende i suoi pc. E, nonostante l’avventura nell’hardware di Microsoft, i più grandi cambiamenti in realtà sono in casa Google.
L’azienda di Mountain View infatti è da alcuni mesi impegnata in una profonda ristrutturazione interna, cominciata con la creazione della holding Alphabet che riorganizza tutta la struttura interna. Ma dentro ci sono anche il ridimensionamento della divisione per l’auto a guida autonoma, la temporanea sospensione della parte Google Fiber con il progetto di cablatura ed erogazione di servizi di connettività in una ventina di città americane (dodici già raggiunte o in corso d’opera, altre dieci in stand-by e l’amministratore delegato della società che ha fatto un passo indietro dopo aver tagliato o spostato metà dei dipendenti) e un forte investimento nel settore B2B. In quell’area Google, forte di un nuovo pacchetto di manager con esperienza in aziende tradizionali, sta riorganizzando e portando a sistema tutte le innovazioni che finora erano “sparpagliate” in silos diversi.
Quindi, dal meccanismo di single sign on basato sull’identity management con Gmail alle macchine virtuali e sistemi di virtualizzazioni cloud che permettono di utilizzare la nuvola di Google fino ai servizi agli utenti finali e ai servizi per le aziende. In questo settore lo sforzo tecnologico di Google di creare uno dei migliori sistemi cloud al mondo ha coinciso anche con una razionalizzazione dell’offerta (a partire dal pacchetto delle app per la produttività nel cloud) fino all’integrazione con altri filoni di ricerca.
Google fa molto lavoro nel settore dell’intelligenza artificiale e del machine learning. Utilizza il suo cloud per erogare servizi preimpostati ai clienti (a partire dall’Assistente, sul quale torniamo tra un attimo) e poi offre le soluzioni alle aziende per costruire i loro servizi di machine learning e di intelligenza artificiale.
In particolare, con la nuova ondata di prodotti, dai router WiFi per la casa ai telefonini Pixel fino agli ultimi servizi di ricerca online, Google quest’anno ha iniziato un periodo di potenziamento dei servizi di intelligenza artificiale che non hanno precedenti se non nella strategia di Ibm, limitata però al settore B2B. Google non fa mistero di considerare i prossimi 18-24 mesi come un periodo critico, una sorta di mini-singolarità, cioè punto di svolta in cui l’utilizzo da parte di milioni di persone del suo sistema di intelligenza artificiale porterà a risultati inediti. «Non mi emoziono per il fatto che gli utenti usino i nostri servizi – dice Fernando Pereira, a capo del progetto di comprensione del linguaggio naturale di Google – quanto delle conseguenze di questo uso». Pereira definisce i prossimi 18-24 mesi “la Transizione”: «Questa Transizione ci porterà da un sistema al quale bisogna insegnare in modo esplicito a uno che impara in maniera implicita». La differenza dalla notte al giorno, dal sillabario al libro di Joyce.
L’Assistente di Google viene raggiunto solo parlandoci a voce e, quante più persone cominceranno a utilizzarlo, quanto più rapidamente imparerà e diventerà capace di comprendere in maniera autonoma. Ovviamente parliamo di raccolta di conversazioni aggregate, non della creazione di dossier sui singoli utenti: l’apprendimento è sistemico e non individuale sul singolo utente, per ovvie ragioni di privacy, chiariscono sempre quelli di Google. Ma l’obiettivo rimane estremamente ambizioso: «Per Google il lancio dell’Assistente – dice Pereira – è come tornare al lancio del motore di ricerca, vent’anni fa. È come tornare agli esordi dell’azienda, con le stesse potenzialità di crescita». Tra dieci anni l’Assistente sarà capace di conversare e capire le cose come una persona dotata di una memoria istantanea e totale, e avere un rapporto unico con tutti e ciascuno dei suoi utenti.
E questo è solo l’inizio. Per raccogliere la mole di dati necessaria ad alimentare ed addestrare l’intelligenza artificiale Google ha cominciato a costruire applicazioni, servizi e apparecchi venduti a costi ridotti che vengono sussidiati dalla pubblicità. Targettizzazione mirata, profilazione di alto livello. Il mercato paga: nell’ultima trimestrale incassi e utili hanno battuto le attese degli analisti, con 22,45 miliardi di dollari di fatturato ne terzo trimestre 2016. Soprattutto, a crescere è la pubblicità e all’interno di questa è la fetta che viene dal mobile: alla fine del 2016 sarà il 59,5% rispetto al 458% dell’anno scorso. Questo permette alcune manovre finanziare a Google (come il buyback di 7 miliardi di dollari in azioni nell’ultimo mese) e il potenziamento dell’area dei contenuti.
Un mix di accelerazione nelle aree strategiche, aperture in nuovi segmenti come l’hardware e riposizionamento o pausa strategica in altre aree dove l’azienda vuole prima riorganizzarsi. Così, per un Google Fiber che si ferma, c’è il rilancio della parte cloud, l’acquisizione di contenuti su YouTube, gli investimenti nell’hardware di prestigio. Un settore quest’ultimo dove Google si troverà a competere frontalmente non solo con Apple ma anche con i suoi stessi fornitori e terzisti, come Samsung e Huawei. Non a caso la stessa strategia di integrazione verticale perseguita da Microsoft, anch’essa sempre più concentrata su un business che parte dall’hardware, va nelle applicazioni, arriva ai sistemi operativi e prosegue sino al cloud, portando con sé i servizi. Un mercato nuovo, che Google affronta cercando di schierare al meglio i suoi pezzi sulla scacchiera.