Non c’è bisogno di introdurre nuove tasse, ma di far pagare quelle che ci sono a chi oggi rimane sconosciuto al fisco. E’ la posizione di Federalberghi sulla questione di una “cedolare secca” del 21% per chi affitta stanze o appartamenti su Airbnb o su altre piattaforme di home sharing, che sembrava inizialmente destinata a finire nella legge di Bilancio e che ora sembra invece essere tramontata dopo le polemiche che il caso ha sollevato negli ultimi giorni.
A mettere la parola fine alla vicenda è stato il premier Matteo Renzi in persona, che ha escluso la possibilità che vengano istituite nuove tasse durante il suo mandato: “Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna, nemmeno Airbnb – aveva detto su Twitter – Finché sono premier io, le tasse si abbassano e non si alzano”.
La proposta, che era contenuta in un emendamento del Pd approvato dalla commissione Finanze della Camera, prevedeva l’obbligo di iscriversi in un registro ad hoc per quanti danno in affitto casa per un breve periodo. E obbligo, per i siti che li mettono in contatto con gli affittuari, di fare da sostituto di imposta ovvero versare al fisco il dovuto per conto del proprietario dell’appartamento. La cosiddetta “norma AirBnb” prevedeva che da primo gennaio 2017 il canone relativo alle locazioni di breve periodo, compresi bed&breakfast e affittacamere, fosse soggetto alla cosiddetta cedolare secca, l’imposta in vigore per gli affitti, con un’aliquota al 21%.
“Il dibattito che in questi giorni si sta sviluppando in merito alla cosiddetta ‘tassa Airbnb‘ rischia di distrarre l’attenzione dal bubbone che affligge il mercato turistico italiano, inquinato da centinaia di migliaia di alloggi che operano in completo spregio alla legislazione fiscale e alle altre norme che disciplinano lo svolgimento delle attività ricettive – afferma Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi – danneggiando tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.
L’obiettivo, secondo l’associazione degli albergatori, non dev’essere quello di introdurre nuove tasse, ma di far sì che tutti gli operatori paghino le tasse nella giusta misura e rispettino le regole poste a tutela dei consumatori, dei lavoratori, della sicurezza pubblica e del mercato.
“Confidiamo pertanto – conclude Bocca – che faccia strada la proposta di istituire presso l’Agenzia delle Entrate un registro di coloro che svolgono attività ricettiva in forma non imprenditoriale, prevedendo che i portali debbano comunicare al fisco gli estremi di ogni transazione al fine di assicurare che anche i furbetti dell’appartamentino paghino le imposte, applicando le stesse regole previste per i contribuenti onesti che adempiono al proprio dovere quotidianamente”.