"Le stime diffuse da alcuni operatori" riguardo
all'aumento delle tariffe unbundling deciso dall'Agcom
"sono artificiose". Con questa parole il presidente
Agcom, Corrado Calabrò, risponde agli Olo che hanno fatto
certificare il presunto “salasso” da oltre un miliardo di euro
dalla società di consulenza Copenhagen Economics.
In occasione dell’audizione di oggi davanti alle commissioni
Trasporti e Attività Produttive di Montecitorio il presidente
dell’Authority ha precisato che “la manovra Agcom si riferisce
a un arco temporale di tre anni (2010-2012) e decorre dal primo
maggio 2010. Il calcolo degli Olo – prosegue il presidente –
somma retroattivamente e ultrattivamente gli aumenti, facendoli
decorrere dal 2009 e prolungandoli di tre anni rispetto
all'anno temporale considerato. Inoltre il calcolo degli
operatori considera dati previsionali aleatori, aumentando del 40%
le linee in Ull (Unbundling local loop), ed include solo le poste
in aumento (i canoni di unbundling), omettendo l'impatto sul
mercato delle sensibili riduzioni dei prezzi di altri servizi di
accesso (ad esempio il bitstream) decisi con lo stesso
provvedimento".
Calabrò sottolinea inoltre che "le cifre polemicamente
addotte da alcuni Olo sono ben diverse da quelle dagli stessi
forniti ai loro analisti finanziari e da quelle da essi esposte a
supporto dell'audizione dinanzi al consiglio".
Parlando con i giornalisti a margine dell’audizione Calabrò ha
riferito che Telecom Italia non ha ancora sottoposto
all'Autorità per le comunicazioni la propria offerta per
internet a banda ultra larga. "Non ci ha ancora presentato
l'offerta – ha precisato -. Ma lo deve fare perché un
operatore notificato e quindi noi dobbiamo valutare la sua
proposta. Alcune regole sull'accesso vanno pensate e noi ci
stiamo già ragionando, ma in generale, poi dovremo adeguarle al
caso concreto”.
Lo scorso 22 settembre il numero uno di Telecom Italia, Franco
Bernabè ha annunciato l'intenzione di presentare per Natale
l'offerta per internet a 100 megabit al secondo ai clienti di
sei città italiane: Roma, Milano, Catania, Bari, Torino e
Venezia.
Davanti ai membri delle commissioni, inoltre, il presidente Agcom
ha chiarito che "entro il 2015, ma probabilmente già entro il
2013, le frequenze da 61 a 69 utilizzate dalla televisione dovranno
essere destinate in tutta Europa alla larga banda mobile".
L'Agcom – ha aggiunto – si sta organizzando per raggiungere
questo obiettivo tempestivamente (auspicabilmente già nel 2011).
Il percorso è quello delle aste, che devono svolgersi il più
presto possibile. Predisporremo le regole per le gare, sulla scorta
anche
delle esperienze di altri Paesi che sono più avanti. In Germania,
ad esempio, si è rivelato un esperimento riuscito una gara unica
con diverse tipologie di frequenze (non solo quelle a 900mhz, ma
anche frequenze sulle bande 1.800mhz, 2.500 e 2.600 mhz, da noi
attualmente occupate dal ministero della Difesa e da questo poco
utilizzate ndr).
Calabrò ha aggiunto poi che "per conciliare la situazione
bloccata che c'è da noi, con l'esigenza indifferibile di
mettere all'asta le frequenze non utilizzate, le aste
potrebbero essere bandite anche con differimento della
disponibilità dello spettro, le risorse derivanti possono essere
utilizzate in parte per gli investimenti nella banda larga fissa e
mobile e in parte per compensare emittenti televisive che abbiano
ceduto frequenze, come affermato anche dal ministro Romani. Una
mancata assegnazione a queste destinazioni dei proventi delle gare
e una devoluzione di essi ad altre finalità mal si concilierebbero
con l'indicazione della Commissione europea".
Per il presidente tuttavia "le regole da sole non bastano:
occorrono al tempo stesso incentivi alla liberazione dello spettro
se si vuole procedere veramente alla liberazione delle frequenze e
bandire le aste".