Dall’asta delle frequenze televisive il governo ipotizza di
incassare 2 miliardi. “E’ un’ipotesi” conferma il ministro
dell’Economia, presa in considerazione per coprire con gli
introiti della gara le misure di sviluppo da inserire nel disegno
di legge di stabilità. “E’ il modello applicato in Europa”
ha detto Giulio Tremonti, parlando con i giornalisti al termine
della conferenza stampa svoltasi a Palazzo Chigi dopo il Consiglio
dei ministri.
Prende sempre più corpo l’ipotesi di un’”asta alla
tedesca”, con un pacchetto misto di frequenze (oltre alle
“televisive” 800Mhz, anche il pacchetto 1.800 e 2.500Mhz
attualmente occupate dal ministero della Difesa).
Resta il nodo delle frequenze tv, i 70 Mhz dei canali dal 61 al 69
occupate dalle emittenti locali, dunque meno “pregiate”. Pochi
giorni fa il ministro allo Sviluppo economico Paolo Romani ha detto
che “attualmente non ci sono frequenze libere. Entro l'anno
verrà digitalizzato il 70% del Paese ed è necessario quindi
tenere conto delle reali possibilità e di chi le frequenze oggi le
possiede”.
Allo studio ci sono più modelli per arrivare all’asta delle
frequenze “occupate”. Le emittenti possono essere incentivate a
lasciar libera la frequenza dietro promessa di una percentuale
degli incassi dell’asta (l’incasso può essere utilizzato
dall’emittente per trasmettere sul mux di altre tv locali che non
si trovano nella porzione da riservare alle Tlc). In alternativa
viene messa all’asta la frequenza occupata, naturalmente a un
prezzo minore: in questo caso sarà l’operatore che avrà
acquisito la licenza a negoziare direttamente con l’emittente
l’uscita anticipata rispetto al 2015 (data entro la quale,
secondo la Commissione europea, l’emittente dovrà comunque
lasciare campo libero agli operatori Tlc).