In Italia la metà del software installato sui computer di famiglie
e aziende è pirata. A darne conto un'indagine realizzata da
Business Software Alliance in collaborazione con Idc che rileva un
tasso di pirateria del 49%, a fronte del 20% registrato negli Stati
Uniti, il 25% del Belgio, il 28% dell'Olanda e il 27% del Regno
Unito. In Europa a superare l’Italia solo la Grecia dove i tassi
di “pirateria” sfiorano il 60%.
Solo nel nostro Paese una riduzione di questo fenomeno del 10% in
quattro anni, creerebbe 7.500 nuovi posti di lavoro, un miliardo di
entrate per le case dello stato e quasi 4 miliardi di business per
le imprese dell'Ict.
“Il software pirata non è sicuro, può esporre il computer
all'infezione di virus, al furto o alla perdita di dati
importanti o relativi all'identità dell'utente – spiega
Pietro Scott Jovane al Sole 24Ore – e un quarto dei siti che
offrono software Windows contraffatto o piratato tentano anche di
installare spyware o trojan horse. Il 34% di questi software non
funziona, il 65% contiene software aggiuntivo che non fa parte del
programma originale e per attivarlo spesso si rende il sistema
vulnerabile dal punto di vista della sicurezza”.
Nel mondo – tornando alla ricerca Bsa-Idc – circa quattro
software su dieci sono illegali (l'Italia è quindi sopra la
media), per un business perso di 51 miliardi di dollari: anche in
questo caso riducendo il fenomeno del 10% in quattro anni si
creerebbe un indotto di 142 miliardi.