Un’agenda digitale per l’Italia al centro del dibattito del
Partito Democratico, che oggi ha rilanciato le sue proposte al
Forum per l’Ict. Quattro i punti nodali del documento messo a
punto dal Pd: 1) Garantire il diritto all’accesso al digitale a
tutti i cittadini. 2) Investire sulle reti per assicurare a tutti i
cittadini un’offerta digitale adeguata e competitiva con gli
altri paesi europei. 3) Sviluppare i contenuti digitali e
contribuire a ridurre il divario della nostra domanda rispetto agli
altri paesi europei. 4) Aggiornare il quadro normativo e
regolatorio per salvaguardare la neutralità della Rete,
semplificare il sistema e accrescere la competitività delle
imprese.
“La definizione di un’agenda digitale in Italia deve essere
centrale per il Pd – dice Paolo Gentiloni,
responsabile Forum Ict dei Democratici – L’accesso in Rete non
è una questione scontata, e il digitale non può essere ridotto ad
una mera questione di fili e di tubi. Con tutti i suoi difetti e
faziosità, vedi il caso Wikileaks, nei prossimi anni il digitale
sarà un tema centrale per affrontare i gravi problemi economici
dell’Europa, per puntare allo sviluppo e alla riduzione della
spesa pubblica”.
Per Gentiloni è quindi utile sollecitare il confronto, tanto più
che anche “Emma Marcegaglia la pensa allo stesso modo –
aggiunge – mentre a Milano un centinaio di personalità sta
mettendo a punto proposte per l’agenda digitale italiana”.
Diversi problemi sul tavolo: dal diritto al digitale come servizio
universale, che ha bisogno di “politiche attive di inclusione
territoriale e sociale”, dice Gentiloni, portando ad esempio
l’iniziativa bipartisan per la liberalizzazione del Wi-Fi.
E ancora, l’offerta delle reti, ancora insufficienti per
eliminare il digital divide. In questo senso, è positivo secondo
l’ex ministro delle Comunicazioni, il memorandum siglato dal
ministro Romani. Più ombre invece sull’asta da 2,4 miliardi per
l’assegnazione delle dello spettro al dividendo esterno: “In
finanziaria ci sono i 2,4 miliardi di euro attesi dall’asta per
le frequenze Lte – dice Gentiloni – ma per ora ci sono dubbi
sulla disponibilità del bene messo all’asta. Le frequenze sono
in mano alle tivù locali, che saranno costrette a cederle gratis
agli incumbent. Un’operazione del genere non si può fare senza
prevedere dei rimborsi e degli investimenti destinati allo sviluppo
delle reti”.
Sul fronte dello sviluppo della domanda, la Pa è ancora indietro,
secondo il Pd, e si dovrebbe puntare sul tema della trasparenza nel
rapporto fra Pa e cittadini. La Rai, infine, dovrebbe dare
contributi attivi nel processo di digitalizzazione del paese. Il
tema della net neutrality, infine, va aggiornato per non rimanere
ancorato ad una visione legata a parametri limitati, come ad
esempio l’aumento del traffico in Rete e il rischio di veder
crescere “gardini murati” dei vari operatori. Sul copyright, in
conclusione, “l’Authority sta facendo bene”, chiude
Gentiloni.
Per Nicola D’Angelo, consigliere dell’Agcom,
“In Italia si dibatte di tecnologie con schemi del passato –
dice – In generale, la discussione sulle reti è pesante. Il
mobile sta velocemente sostituendo il fisso. I tablet stanno
provocando grandi cambiamenti, che di fatto stanno riportando in
auge anche le reti fisse, perché l’iPad funziona meglio con il
Wi-Fi che attraverso reti mobili. Le raccomandazione della
Commissione europea sull’Ngn sono tardive. Nulla si dice, poi,
della distruzione dell’editoria”. Per D’Angelo, in Rete si
stanno verificando quelle poche innovazioni degne di nota, come ad
esempio il fenomeno Wikileaks,
“Un bene, non è un totem perfetto, però è vero che sta pesando
moltissimo nelle decisioni di Obama – aggiunge D’Angelo – che
sta realizzando il progetto di una carta d’identità elettronica
per accedere al web, un atteggiamento che è sintomo di un
arretramento da parte di un presidente usa che ha fatto a sua
fortuna elettorale sul web”.
Per quanto riguarda la net neutrality, il consigliere dell’Agcom
sottolinea che debba essere al servizio di tutti e non di pochi. E
solleva un altro problema: “Il problema della neutralità delle
ricerche online – dice – che in realtà non esiste, visto che
sono i motori di ricerca a indirizzare gli utenti ai risultati che
vogliono loro”. In questo senso, il ruolo degli editori è
centrale per l’identificazione dei contenuti da mettere in Rete.
Privacy, regole, switch off del rame, sviluppo della domanda “non
sono questioni settoriali – chiude – ma di carattere generale
perché coinvolgono tutti”.
Franco Bassanini sottolinea il fatto che “lo switch off
della Pa non è pensabile senza la copertura universale del Paese.
La rete sia unica per consentire la copertura universale delle aree
grigie”.
Per il professor Maurizio Decina “Il boom delle
connessioni mobili è in aumento esponenziale – dice –
l’Italia è in ritardo, anche sul dividendo esterno. Gli
operatori sono in imbarazzo perché devono investire 10 miliardi
per rifare la rete fissa e 5 miliardi per rifare quella mobile”.
In questo senso, il memorandum siglato dal ministro Romani non
convince Decina: “Ci credo poco – dice – gli operatori, né
Telecom né gli Olo, hanno intenzione di partecipare. E’ vero che
i rame va “switchato”, ma oggi ci sono 15 milioni di linee
telefoniche attive, che generano in media 500 euro l’una
all’anno. Oggi gli operatori di Tlc non sono incentivati ad
investire nelle Ngn. Così, il mobile non sta arrivando e nemmeno
il fisso. Senza accesso a Internet l’agenda digitale non si può
fare”.
Francesco Sacco, professore della Sda Bocconi, “Il Paese
ha molto da perdere se non guarda alle Ngn – dice – Sulla fibra
ottica il Paese è troppo timido, e dire che si investisse sulla
fibra il 92% degli investimenti andrebbe al settore dell’edilizia
dando una scossa ad un settore in grave crisi”.
Infine, Paolo Guerrieri, responsabile Forum
economia del Pd e professore alla Bocconi: “La produttività
italiana è stagnante, è inutile parlare di rilancio senza parlare
di digitalizzazione – dice – ma da due anni non è successo
nulla né sul fronte dei fondi né su quello delle nuove idee”.