E’ il vero tabù delle telecom tradizionali: ridursi a meri
trasportatori o “dumb pipes”, che investono miliardi di euro
per le nuove reti sui cui viaggiano i dati, solo per vedere i nuovi
player come Apple e Google, ormai dominatori del mercato mobile con
device, applicazioni e software, intascare tutti i profitti
generati dagli utenti di smartphone e tablet. La parola d’ordine
è evolvere verso i servizi e innovare, e una delle applicazioni
considerate più promettenti è quella dei pagamenti in mobilità,
come sta emergendo anche nell’edizione in corso del Mobile World
Congress di Barcellona.
Il business del mobile payment offre prospettive allettanti:
secondo IE Market Research vale già più di 1.100 miliardi di
dollari a livello globale e Jupiter Research prevede che nel 2014
un telefono su sei sarà abilitato a condurre pagamenti mobili. Ma
per avere successo, gli operatori telecom dovranno fare i conti con
la concorrenza dei colossi delle carte di credito Visa e
MasterCard, che stanno puntando su questa tecnologia per far
crescere le transazioni e i guadagni.
Al Mobile World Congress di Barcellona, gli operatori telecom
daranno prova della tecnologia nota come near-field communications
(Nfc), che permette di comprare articoli nei negozi semplicemente
avvicinando il cellulare a un lettore vicino alle casse. I
pagamenti mobili già esistono in Giappone e Corea del Sud ma non
hanno mai raggiunto il mercato di massa perché mancano i cellulari
abilitati e le aziende non hanno elaborato adeguati modelli di
business. Secondo gli analisti, però, il 2011 potrebbe
rappresentare la svolta, perché sul mercato arriverannno molti
nuovi modelli di smartphone con funzionalità Nfc e diversi
operatori di Europa e Usa lanceranno progetti di mobile payment su
vasta scala.
"Esiste per gli operatori l’opportunità di prendere il
posto di carte di credito e banche”, secondo Dan Hays, partner
della società Prtm. “I pagamenti mobili potrebbero essere la
prossima grande rivoluzione dell’industria mobile”.
Anche la concorrenza di Google e Apple sarà forte, perché le due
aziende stanno lavorando su sistemi di pagamento mobile che
lasciano ai margini gli operatori usando il software anziché la
sim card del telefono per elaborare i pagamenti. Google intende
integrare il suo sistema di mobile payment nell’Os Android già
quest’anno, mentre Apple sta considerando l’inserimento di un
chip Nfc nel suo prossimo modello di iPhone per collegarlo al
sistema di pagamento di iTunes, arrivando così a controllare
l’intera catena del valore del mobile come già fa con musica e
editoria con iPod e iPad.
Sono tante le tecnologie che tagliano fuori gli operatori telco.
Per esempio Starbucks ha lanciato il suo servizio di mobile payment
in 6.800 negozi negli Stati Uniti basato su un’applicazione che
si scarica su iPhone o Blackberry.
Gli operatori si affrettano perciò a presentare i propri sistemi
con modelli di business alternativi. Negli Usa, At&t, Verizon e
T-Mobile hanno formato una joint venture lo scorso anno con
Barclays Bank e Discover Financial Services che ha lasciato fuori
Visa e MasterCard. In Europa, France Telecom/Orange si è unita ai
concorrenti Sfr e Bouygues, a una serie di banche francesi e
all’amministrazione locale per un progetto che abilita a Nizza i
pagamenti mobili, in 1000 negozi ma anche sui trasporti pubblici.
In questo modello, Orange non guadagna molto dai pagamenti in sè,
ma riceve una fee dalle banche e dalle carte di credito.
Al tempo stesso, le telecom investono pesantemente nei sistemi di
mobile payment in Africa e India dove molte persone non hanno
accesso alle banche, permettendo ai clienti di trasferire in modo
molto semplice il denaro su rete mobile. Progetti del genere sono
stati varati per esempio da Safaricom, Mtn e Orange.
Sui mercati emergenti, non solo le telco hanno la possibilità di
arrivare prima rispetto agli altri competitor, ma anche di
guadagnare di più: Hannes van Rensburg, Ceo di Fundamo, società
sud-africana che ha realizzato più di 50 sistemi di pagamenti
mobili per operatori di Uganda, Pakistan e altri Paesi, afferma che
i margini di questi progetti sono molto più attraenti nei mercati
in via di sviluppo. “In Stati Uniti e Europa bisogna competere
con il sistema bancario, che è ben consolidato e efficiente”,
dice, “ma nelle economie emergenti si possono fare molti più
soldi”.