Ngn, Parisse (Vodafone Italia): “Rete p2p a prova di futuro”

Il direttore strategie e new business: “Più efficienza nella gestione rispetto al Gpon, costi minori sui 10 anni”

Pubblicato il 21 Feb 2011

La costruzione delle rete di nuova generazione continua a tenere
banco nei discorsi fra gli operatori. Quale rete? Come costruirla?
Che modello usare? Stefano Parisse, direttore
strategie e new business di Vodafone, non ha dubbi: nel creare una
rete in fibra, se si vuole un’infrastruttura al servizio del
Paese, la strada è quella del point-to-point.
“Il succo è che l’infrastruttura punto-punto è, rispetto alle
alternative, in grado di offrire una rete con un maggior grado di
competizione ed è molto di più a prova di futuro”, sintetizza,
aggiungendo poi che “non si può confrontare una Gpon (che
aggrega le fibre in centralina, ndr) con una punto-punto, perché
sulla prima può salire solo un operatore, mentre sulla seconda ci
possono salire tutti”.
Quale sarebbe il paragone giusto?
Bisognerebbe paragonare diverse Gpon con una punto punto, ovvero un
modello ipotetico in cui ogni operatore costruisce la propria Gpon.
Se il confronto avviene in questi termini, la differenza fra i
costi di realizzazione è risibile e bisogna anche tenere conto che
c’è una maggior efficienza nella gestione operativa, oltre ad
una maggior semplicità per il cliente a passare da un operatore
all’altro.
Cosa è emerso dal tavolo Romani?
Che, se stiamo parlando di infrastruttura per l’Italia, il
confronto va fatto fra una multi-Gpon e una rete punto-punto. In
particolare il confronto è stato realizzato considerando 4 Gpon e
ciò che emerge è che, considerando un periodo di 10 anni, la p2p
ha un costo totale minore. I sei punti percentuali in meno di costo
di costruzione della multi Gpon vengono compensati da un costo
minore per il passaggio dei clienti fra un operatore e un altro,
spalmato su 10 anni. Ma non è solo una questione di costi.
Quali sono gli altri nodi?
Il tema che va posto in modo chiaro è che bisogna costruire una
rete in grado di supportare tanti operatori, come consente oggi
quella in rame grazie all’unbundling. L’Italia ha un pregio:
siamo stati fra i primi ad aprire all’unbundling su rame, che ha
generato competizione e scelta. Noi proponiamo lo stesso modello
sulla rete in fibra: la nostra proposta, quindi, è di costruire
tutti assieme una nuova rete che possa durare nel tempo e che tenga
conto che rispetto a quando fu costruita quella in rame il
paradigma è cambiato e non possiamo pensare che si torni verso un
monopolio. Senza tralasciare poi il tema delle prestazioni.
Ovvero?
Siamo convinti che, oltre ad avere costi equivalenti dal punto di
vista architetturale, una p2p sia più pronta al futuro. Oggi una
Gpon può portare circa 2,5 gigabit per secondo a quartiere, mentre
una p2p porta 1 Gb per cliente. Anche gli sviluppi che ci saranno
porteranno la Gpon a migliorare e accelerare le proprie
prestazioni, ma non raggiungeranno mai quelle possibili con una
p2p. Che, per di più, è una tecnologia già pronta. Per quanto
riguarda la Gpon, invece, sostenere che ‘in futuro potrà essere
aperta all’unbundling’ sposta ancora di più questa
possibilità, perché per farlo sarà necessario cambiare gli
apparati elettronici. La costruiamo sapendo che è obsoleta?
Sapendo di avere una rete in monopolio da qui al 2015? C’è anche
il tema dei posti di lavoro: è innegabile che durante fase di
costruzione la punto-punto porta più lavoro. Nella fase di
manutenzione è più efficiente e non ha bisogno di continui
interventi alla base dei palazzi. In questo senso vanno i trend
europei: è vero che l’84% dei progetti al mondo sono basati su
Gpon, ma il numero è influenzato da Usa e Giappone, dove gli
incumbent hanno reti chiuse e vedono come concorrenti le cable tv e
non gli altri operatori. Dal recente Ftth Council è emerso che, a
dicembre 2010, il 73% degli sviluppi Ftth in Europa era p2p e solo
il 27% Gpon.
Il tavolo Romani cosa dice?
La soluzione che sta emergendo nel breve è quella in cui Telecom
Italia costruisce la propria Gpon e gli Olo una punto a punto,
ovvero un’infrastruttura ibrida. Ma i consulenti del governo
hanno anche specificato che, a tendere, l’architettura evolutiva
è quella della p2p. Il paradosso è che anche Telecom vuole usarla
per i clienti business.
Come si spiega questa cosa?
L’Italia è stato tra i primi Paesi a garantire l’unbundling
del rame, quello che chiediamo di fare è riproporre lo stesso
schema anche con la fibra. Quanto all’infrastruttura la stessa
Telecom riconosce che la p2p sia migliore in termini di performance
e infatti è interessata ad implementarla per la clientela
aziendale.
Il mio punto di vista è che, visto che costruiamo una rete, sia
opportuno costruirla in modo che sia efficiente e tecnologicamente
avanzato sia per il mondo delle aziende che per quello dei clienti
privati.

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