Le offerte di servizi cloud stanno rapidamente maturando, ma i
contratti che i provider offrono ai clienti non sono altrettanto
maturi, secondo gli analisti di Gartner, che hanno individuato
quattro aree “a rischio” di cui le aziende dovrebbero essere
consapevoli quando firmano accordi per una fornitura di servizi
cloud.
"I provider di servizi cloud sono chiamati a ovviare a queste
carenze strutturali per rendere i loro contratti standard ben
accetti su vasta scala e quindi beneficiare dell'ampliamento
del loro mercato", dichiara Frank Ridder, research vice
president di Gartner. Al tempo stesso "è essenziale che le
aziende che hanno intenzione di firmare contratti per avere servizi
cloud da un provider conducano un’approfondita analisi sui rischi
e l'impatto sulla loro attività, prevedendo anche possibili
soluzioni alle principali criticità”, aggiunge Alexa Bona,
research vice president di Gartner. "Questo potrebbe avere un
costo, ma vale la pena spendere un po’ di più per diminuire i
rischi. Anche perché i contratti possono cambiare, a volte senza
preavviso".
Ecco dunque le quattro aree “a rischio” cui le aziende devono
prestare attenzione secondo Gartner. Innanzitutto, i contratti per
la fornitura di servizi cloud non sono ancora maturi su tutti i
mercati. Alcuni contratti sono più chiari, per esempio sono
scritti evidentemente per forniture ad aziende di grandi
dimensioni, o per creare cloud private; ma secondo Gartner in altri
contratti mancano precise indicazioni sulle responsabilità dei
fornitori di servizi cloud e non vengono soddisfatti i requisiti
generali cui si attengono le grandi aziende sul piano legale,
normativo e commerciale.
La seconda area problematica è rappresentata dal fatto che spesso
le condizioni contrattuali favoriscono il provider, non il cliente.
Questo accade anche perché, sostiene Gartner, il cloud è un
servizio poco personalizzato, dove il fornitore offre i servizi a
un gran numero di clienti e tende a trattarli tutti allo stesso
modo, a differenza dei contratti di outsourcing più tradizionali
che diventano spesso vere e proprie alleanze tra fornitore e
cliente. I servizi cloud sono erogati però da remoto, non a
livello locale, e sono altamente standardizzati, col rischio che
l’azienda cliente si perda tra i tanti utenti. Anche i contratti
di fornitura sono attualmente scritti in termini molto
standardizzati e le aziende devono sapere ciò che possono
accettare e ciò su cui dovrebbero negoziare.
Altro problema è che i contratti sono poco trasparenti e i loro
termini possono facilmente cambiare. I contratti dei fornitori di
servizi cloud non sono documenti lunghi e alcune clausole non sono
molto dettagliate, perché rimandano a collegamenti a pagine web
dove leggere condizioni e clausole. Tuttavia si tratta spesso di
informazioni fondamentali, come quelle sulla qualità del servizio
e il prezzo, il supporto e le funzionalità dell'offerta.
Proprio perché contenute in pagine web, queste clausole possono
cambiare nel tempo, anche senza alcun preavviso. Le aziende devono
perciò non solo capire quali parti del contratto sono soggette a
cambiamento, ma anche cercare di garantirsi che alcuni termini
fondamentali non vengano toccati per tutta la durata
dell’accordo.
Infine, Gartner fa notare che i contratti non chiariscono quale sia
l’impegno del provider a garantire l’erogazione e la qualità
dei servizi cloud. Di solito, i fornitori limitano la loro area di
responsabilità al proprio network, perché non possono controllare
la rete pubblica e questo è fonte di grandi incertezze per i
clienti. Le cose stanno migliorando, dice Gartner, ma i provider
del cloud restano vaghi sul proprio impegno a garantire il
servizio. Gli analisti consigliano di valutare accuratamente col
fornitore un Service level agreement: se non è soddisfacente o non
ci sono garanzie sufficienti, meglio non firmare il contratto.