L'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea
per aver violato le regole del Trattato Ue sul libero
stabilimento e la libera circolazione dei capitali (pacchetto
Golden shares varato nel 2004).
La sentenza precisa che il decreto del presidente del Consiglio dei
ministri del 10 giugno 2004, recante definizione dei criteri di
esercizio dei poteri speciali detenuti dalla Stato per
l'applicazione del decreto legge 1994 n.332, sulle norme per
l'accelerazione delle procedure di dismissioni di
partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in societa per
azioni, è formulato in modo generico ed impreciso.
"La violazione dei principi di libertà di stabilimento e di
libera circolazione dei capitali consiste nel fatto che il decreto
del 2004 non specifica sufficientemente i criteri di esercizio dei
poteri speciali; e gli investitori non possono conoscere le
situazioni in cui detti poteri verranno utilizzati – recita la
senteza -. Ciò scoraggiarerebbe gli investitori che intendono
stabilirsi in Italia al fine di esercitare un'influenza sulla
gestione delle imprese. Inoltre esso va oltre quanto necessario per
tutelare gli interessi pubblici che ne costituiscono
l'oggetto".
La sentenza fa esplicito riferimento alle golden share in capo allo
Stato italiano in Eni, Telecom Italia, Enel e Finmeccanica.
I poteri speciali messi sotto accusa sono: l'opposizione
all'assunzione da parte di investitori di partecipazioni
rilevanti, che rappresentino almeno il 5% dei diritti di voto,
l'opposizione alla conclusione di patti o accordi tra azionisti
che rappresentino almeno il 5% dei diritti di voto , il veto
all'adozione delle delibere di scioglimento delle società, di
trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di
trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento
dell'oggetto sociale, di modifica dello statuto che sopprimono
o modificano i poteri speciali, la nomina di un amministratore
senza diritto di voto.