I giudici del Tribunale di Milano hanno assolto Telecom Italia e 75 persone “per non aver commesso il fatto”, nell’ambito del processo su una presunta truffa sulle sim card tra il 2007 e il 2009. Tra i 75 assolti, che erano stati rinviati a giudizio assieme alla società nel 2014, buona parte sono ex-dipendenti Telecom e gestori di punti vendita Tim .
Secondo l’accusa, oltre 500mila schede sim sarebbero state false perché intestate a persone inesistenti o inconsapevoli. Le accuse erano associazione a delinquere (solo per i dipendenti Telecom), finalizzata alla ricettazione di schede sim e documenti d’identità (intestati a persone mai esistite o inconsapevoli) e falso in relazione, oltre agli stessi documenti di identità, ai contratti di attivazione delle schede e alle dichiarazioni di liberatoria per il trattamento dei dati personali.
Secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, gli ex dipendenti Telecom avrebbero preso accordi con i gestori dei punti vendita incriminati per permettere la compilazione di falsi contratti e, quindi, attivare illecitamente la scheda sim. I primi avrebbero ottenuto bonus e incentivi per via dell’incremento di schede messe in circolazione, e i dealer il guadagno sul prezzo lievitato per il “servizio” aggiuntivo offerto.
Telecom era stata indagata per non avere adottato modelli di prevenzione dei reati da parte dei responsabili del canale etnico e per non avere vigilato sulla correttezza del lavoro dei dipendenti. Un impianto accusatorio, quello sostenuto dalla Procura, che non ha retto al giudizio del Tribunale. Il colosso tlc, che si era costituita anche parte civile nel procedimento, era stata rinviata a giudizio in base alla legge 231 sulla responsabilità delle aziende per i reati commessi dai propri dipendenti. La procura, nella richiesta di rinvio a giudizio, stimava 130 milioni di euro di profitti illeciti per la società e un ammontare di 503.663 schede fasulle.