Il cybercrime ha alzato il tiro. E i virus, sparati dentro migliaia di computer per mandarli in tilt, non bastano più a fare notizia. Gli hacker di nuova generazione hanno ambizioni ben maggiori anche perché non sono più lupi solitari ma uomini assoldati dagli Stati, nel migliore dei casi usati come “minaccia” ma sempre più spesso utilizzati per sventare attacchi. Forse la Terza guerra mondiale è già in atto ma nessuno, o in pochissimi se ne sono accorti, visto che non ci sono bombe in strada e aerei militari a solcare i cieli. Certo è che le notizie sugli attacchi “eclatanti” – ultime in ordine temporale quella che hanno visto protagoniste la compagnia di Tlc tedesca Deutsche Telekom e la metro di San Francisco– stanno generando se non un allarmismo quantomeno un elevato livello di preoccupazione fra gli esperti di questioni economiche e geopolitiche.
Simulare gli scenari possibili è un esercizio che vede in campo parecchi analisti: si va dalle ipotesi di militarizzazione del web, in cui gli Stati si dotano di veri e propri eserciti virtuali, alla balcanizzazione, fenomeno che porterebbe a fissare confini nazionali sempre più stringenti per fare in modo di avere maggiori strumenti di controllo. E se è vero che c’è chi ipotizza anche il cyberparadise – un luogo sicuro dove le attività illegali sono rare – l’ipotesi che si sta facendo più strada è anche quella più infausta e consiste nel cybergeddon, una degenerazione del Web in un luogo incontrollabile e continuamente minacciato da eventi criminosi, alla stregua di una “moderna” Mogadiscio. Uno scenario che rischia di mandare all’aria tutti gli sforzi compiuti da governi, istituzioni e privati per dotare il pianeta di network sempre più veloci e sempre più intelligenti.
Come uscirne? Gli investimenti nella protezione delle reti innanzitutto e, a catena, di software e piattaforme sono l’unica strada percorribile – ne sono convinti i più – seppur il 100% di sicurezza sia un livello che al momento non si può garantire. Nonostante la risposta sia sotto gli occhi di tutti si continua però a sottovalutare l’impatto del cybercrime: tutti vogliono stare su Internet, ma pochi percepiscono i rischi concreti e pochissimi si stanno occupando di mandare avanti progetti che possano consentire un’adeguata protezione. L’avvento dell’Internet of things rischia fra l’altro di trasformarsi in un boomerang senza precedenti: cosa succederà quando gli edifici saranno connessi e quando le auto parleranno fra loro? Last but not least l’e-commerce: come si farà a garantire lo sviluppo dello shopping online se il cyberspazio diventa sempre meno sicuro?