La macchina italiana dell’industria 4.0 rischia di partire con il freno a mano tirato. Se l’interesse di imprenditori, politica e istituzioni per le nuove frontiere dell’industria connessa è sicuramente aumentato nel corso degli ultimi mesi, per entrare nella fase 4.0 servirà ben altro. A partire dalle infrastrutture digitali, fondamentali per dar vita a servizi e processi performanti in grado di spingere il business delle imprese. Sotto questo punto di vista l’Osservatorio statistiche impresa 2.0 del Mise non lascia presagire una strada in discesa.
I dati citati oggi dal Sole24Ore, curati da Fabrizio Carapellotti e Paola Ribaldi della Direzione politica industriale, fotografano un ritardo importante della copertura a banda ultralarga là dove ce n’è più bisogno, ossia nei Comuni industriali. Solo il 17% degli Enti comunali che rientrano nelle aree industriali è infatti raggiunto dai 30 megabit al secondo, velocità che secondo i target del Governo dovrà arrivare in tutte le fabbriche entro il 2020. In valori assoluti, si tratta di appena 375 Comuni sui 2.105 distrettuali che si contano in Italia.
Più nello specifico, 217 Comuni produttivi si trovano in Regioni dove la copertura a 30 megabit risulta superiore al 30% del territorio, mentre 1.169 si trovano in Regioni che non arrivano al 25% di copertura. Il dato abbastanza allarmante è che nessun Comune distrettuale di Lazio, Sardegna, Abruzzo, Umbria, Friuli, Trentino e Liguria risulta coperto dai 30 mega. Le Regioni al top sono invece Veneto, Toscana, Campania e Puglia, mentre la Regione con il numero più altro di Comuni distrettuali, la Lombardia, conta appena 57 Comuni coperti dalla banda ultralarga sugli 837 totali. Insomma, il quadro che emerge non è dei migliori e in questo contesto i bandi per le aree grigie saranno fondamentali. Altrimenti, l’industria 4.0 potrebbe essere ricordata fra qualche anno come un’occasione persa.