Tra le “vittime” della caduta del governo di Matteo Renzi potrebbe finire anche il rinnovo della convenzione sul servizio pubblico della Rai. Il documento, che avrebbe dovuto essere licenziato dal Consiglio dei ministri a metà dicembre, è di fatto “bloccato” dalla crisi dell’esecutivo: ragioni di opportunità politica sconsigliano infatti che la convenzione, di durata decennale, possa vedere la luce nel momento in cui il governo è dimissionario.
Ma i tempi stringono, e quella della definizione del perimetro del servizio pubblico sarà una patata bollente che l’eventuale nuovo governo dovrà gestire in tempi rapidi. La scadenza per il rinnovo della convenzione infatti è stringente: 31 gennaio 2017. I margini di manovra, tra l’altro, sono ancora più angusti, perché prima di vedere la luce il testo deve passare per l’esame della commissione di Vigilanza sulla Rai, che ha 30 giorni di tempo per dare il proprio parere. Il testo, quindi – per consentire il rispetto dei tempi – dovrebbe essere consegnato alla Vigilanza prima delle festività natalizie.
A meno che il nuovo governo, appena entrato in carica, non decida di prorogare per un breve periodo la convenzione attuale, magari inserendo una norma nel milleproroghe che potrebbe essere approvato prima della fine dell’anno, per poi tirare le somme con più calma.
La definizione della convenzione di servizio pubblico, sulla base della quale viene poi stipulato il contratto di Servizio tra il Governo e la Rai, di durata quinquennale, è tra l’altro per il governo Renzi l’ultimo passo di un processo lungo, iniziato con la legge di riforma della governance della Rai, e passato attraverso l’inserimento del canone nella bolletta elettrica.Dalla scorsa primavera, tra l’altro, il Mise aveva dato vita a una consultazione pubblica sulla convenzione, “CambieRai“, i cui risultati erano stati presentati a luglio, che aveva fornito suggerimenti utili al Governo per ridefinire e aggiornare la mission dell’azienda.
Tra i temi di cui si era parlato con più insistenza, e che avrebbero potuto essere recepiti dal testo della convenzione, c’era tra le altre cose la richiesta alla Rai di dare vita a un canale in lingua inglese, e la “prescrizione” che il servizio pubblico per definirsi tale dovesse essere presente su tutte le piattaforme, compreso quindi l’online.
Tra l’altro non è affatto scontato che il nuovo esecutivo voglia proseguire sulla scia tracciata dal sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli: potrebbe infatti scegliere un “passaggio di consegne” sotf, oppure potrebbe voler cambiare linea politica, rimettendo in discussione tutta la procedura: per farlo ovviamente avrebbe bisogno di tempo, da qui l’eventualità della proroga.
Ma al di là di questa emergenza, tra le mani del nuovo titolare del Mise ci sarà anche un’altra patata bollente che riguarda la Rai: l’Istat infatti a ottobre ha inserito la Tv di Stato, su indicazione di Eurostat, nel perimetro delle “amministrazioni pubbliche”: una decisione che rischia di “imbrigliare” viale Mazzini, obbligandola a rispettare per assunzioni, acquisti e appalti le norme in vigore per la PA. Per disinnescare questa bomba a orologeria il governo si era impegnato a emanare entro la fine dell’anno una legge che chiarisse la situazione e sottraesse la Rai a questi obblighi. Ma la crisi di Governo ha messo un bastone tra le ruote anche a questo processo, che sarà uno dei primi provvedimenti che il nuovo ministro dello Sviluppo economico troverà sulla propria scrivania al suo insediamento.