Proprio mentre Dublino mette a punto i dettagli del ricorso contro la decisione della Commissione europea che chiede all’Irlanda di riscuotere 13 miliardi di tasse non versate, l’esecutivo Ue pubblica le motivazioni del proprio provvedimento, mettendone a disposizione la versione “non confidenziale”. Nel testo, 130 pagine in tutto, vengono dettagliatamente elencate le ragioni che hanno spinto la Commissione a prendere, il 30 agosto, una posizione che non ha precedenti per l’Unione. La relazione ribasice le accuse contro Dublino, e parla di due “tax ruling”, quindi accordi fiscali ad hoc, che risalgono al 1991 e al 2007, grazie ai quali Apple ha evaso sistematicamente tasse che avrebbe dovuto pagare su tutti i profitti generati dalle vendite in Ue, Africa e Medio Oriente.
Questo grazie ad uno schema già noto all’Antitrust, cioè lo “spostamento di profitti”: la società registrava tutte le vendite nella sede irlandese invece che nei Paesi dove i prodotti venivano effettivamente venduti e tali profitti, anziché essere tassati al 12,5% come previsto dalla “corporate tax” irlandese, venivano riversati a una “sede centrale” fantasma esentasse in base alla legislazione irlandese sulle “società senza stato”, poi abolita nel 2013.
Intanto Dublino, come era nell’aria da settimane, mette a punto il proprio ricorso contro la decisione della commissione Ue. A scendere in campo è il ministero del Tesoro irlandese, che sottolinea come l’intervento di Bruxelles sia una interferenza nella sovranità nazionale, e che la Commissione non avrebbe ben compreso come funziona la tassazione delle multinazionali nel Paese. Dublino sostiene così di non aver riservato alcun trattamento fiscale di favore a Apple, e che la Commissione Ue “ha mal interpretato i fatti rilevanti e la legislazione irlandese”: da qui la decisione di sottoporre il caso al tribunale generale dell’Unione Europea, chiedendo l’annullamento della decisione.
“L’Irlanda non ha riservato un trattamento favorevole alla Apple. L’ammontare delle imposte è stato pagato, e non ha garantito alcun aiuto statale – spiega il Governo irlandese – Il nostro Paese non stringe accordi con i contribuenti”. Con il ricorso il governo di Dublino sostiene inoltre che la Commissione Ue si sarebbe spinta al di là delle proprie competenze, e teme che questa decisione possa inficiare la credibilità del sistema tributario irlandese, con il Paese che non intende essere percepito come un paradiso fiscale.
Apple, secondo i conti della Commissione Ue, contenuti in un documento diffuso alla fine di agosto, avrebbe pagato l’1% di tasse nel 2013 e lo 0,005% nel 2014. “Rispettiamo la decisione dell’Irlanda di fare appello – aveva annunciato a caldo il commissario europeo agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici – sebbene sia una decisione strana. Voglio dire che 13 miliardi di euro, in un Paese che è stato danneggiato dalla crisi, potrebbero servire per programmi sociali ed economici”.
“Difenderemo il nostro punto di vista davanti alla Corte e lo faremo in modo fermo, perché sappiamo di avere ragione – aveva detto Moscovici intervenendo a margine della riunione dell’Eurogruppo a Bratislava – Non è una decisione arbitraria, non abbiamo creato un problema dal nulla: un problema c’è, basta guardare ai fatti, ai dati e alle regole. I cittadini si aspettano che le multinazionali paghino le tasse come tutti. Siamo un’economia aperta ma servono regole comuni e deve arrivare il messaggio: basta con l’evasione fiscale e con la pianificazione fiscale aggressiva”.