“Super e iper-ammortamenti e finanziamenti agevolati rilanciano gli investimenti delle imprese in beni strumentali e in tecnologie per l’Industria 4.0. Proroga e potenziamento del credito d’imposta sostengono la spesa in R&S”. Lo registra il Centro Studi Confindustria in una nota firmata dall’economista Livio Romano.
“L’utilizzo congiunto di queste misure- prosegue la nota – varate con la Legge di bilancio 2017, rappresenta una grande opportunità per rinsaldare l’alta propensione a innovare delle imprese italiane. Così da generare un effetto moltiplicatore positivo su tutto il sistema Paese, incrementando produttività e competitività internazionale”.
La spesa in macchinari, attrezzature e software riveste, infatti, un’importanza strategica per l’accrescimento della dotazione tecnologica sia degli “Innovatori strutturati” sia di quelli mediamente o poco strutturati (complessivamente il 45,5% delle imprese industriali con almeno 10 addetti)
Questi investimenti rappresentano la voce più significativa di spesa per l’innovazione (2,7% del fatturato per gli innovatori strutturati, 2,1% per i mediamente strutturati e 2,5% per quelli poco strutturati) e i fornitori di macchinari e attrezzature costituiscono il principale canale di acquisizione di conoscenze finalizzate all’innovazione.
Secondo Confindustria, le misure fiscali messe in campo rappresentano non solo una leva pervasiva, ma anche trasversale per settore, dimensione d’impresa e regione. “Tuttavia esse potranno contribuire alla modernizzazione e alla trasformazione tecnologica del sistema produttivo solo se saranno affiancate dalle altre disposizioni del Piano Industria 4.0 che non hanno trovato spazio nella Legge di bilancio – spiega il Centro Studi – In particolare essenziale sarà l’attuazione dei piani per la formazione del capitale umano e la creazione di una vera rete per l’innovazione che faccia da ponte tra la ricerca e il mercato”.
Infatti, nonostante le differenze nel grado di complessità delle strategie perseguite nei singoli settori industriali, ci sono alcune caratteristiche comuni ai diversi profili di imprese innovatrici. Innanzitutto, la scarsa collaborazione con il mondo delle università e dei centri di ricerca pubblici, all’opposto dei fornitori che invece sono considerati il partner più utile per innovare.
Un altro elemento che accomuna tutte le imprese innovatrici è la debole dotazione di capitale umano qualificato, come evidenziato dalla bassa scolarizzazione della forza lavoro impiegata. Difatti, anche nella classe degli innovatori strutturati, la quota di laureati sul totale della forza lavoro è in media inferiore al 10%, mentre nella classe degli innovatori poco strutturati la quota scende addirittura sotto il 5%.
Per allineare, o almeno avvicinare, in tutta l’industria i processi innovativi alle best practice si deve quindi partire dalle competenze tecniche, organizzative, manageriali effettivamente detenute dalle imprese ed abbinare al talento imprenditoriale le capacità analitiche, di sintesi e di comunicazione proprie delle figure professionali qualificate.