Bugie sul web, chi e come deve reprimerle? Il quesito dà per scontato l’obbligo di reprimere. Il web è (o piuttosto tende a essere) la possibilità d’una anarchica «libertà estrema»? Diretta, se non già posizionata, persino oltre le aspirazioni delle avanguardie che dagli inizi del secolo scorso hanno sperimentato tutto il possibile, mettendo in soffitta anche le categorizzazioni borghesi “vero-falso”, sopravvissute fino a quel momento. Nessuno oggi si chiede se non sia il caso di riaprire il processo per oscenità contro “Il Pasto Nudo” di William S. Burroughs, solo per fare un esempio.
Perché quindi chiedersi se il web debba genuflettersi a una verità ufficiale? Il web non è una curia, né una gazzetta ufficiale, né un testo teologico e neppure un museo. Il web contiene tutto. Contiene pure tutti coloro che fanno riferimento a qualunque parte di tale “tutto”, sotto qualunque forma. Quanti si preoccupano delle bugie del web sanno quanto tutti i media predecessori – stampa, tivvù, radio, libri, incunaboli, pergamene, lapidi, tradizione orale e perfino i testi religiosi, culturali e scientifici – sono accomunati da certificati di inaffidabilità. Eppure sopravvivono ed edificano cultura, grazie alla discriminazione che ciascuno opera, quando vi si accosta, con questo confererendo al media un diritto a sopravvivere, lasciato poi in balia della libertà di giudizio di tutti. La libertà, questo è il punto. È il medesimo nodo del web, su una scala ovviamente di gran lunga più ampia, planetaria. I neo mandarini preoccupati della verità sul web, tradiscono insofferenza alla libertà già veicolata dai media oggi sorpassati.
www.pierolaporta.it