In Italia le piattaforme di sharing economy focalizzate sul turismo crescono di numero. Ma i loro affari non decollano. Entrando nel cuore digitale del Rapporto Italia 2017, elaborato dall’Istituto di studi politici, economici e sociali (Eurispes), è senza dubbio questo il dato che salta maggiormente all’occhio. Se il turismo viene comunemente indicato da chiunque come una risorsa strategica per l’intero sistema Paese, manca altrettanta comunione d’intenti quando si tratta di scaricare a terra questo pensiero con progetti 2.0 concreti.
In Italia, rileva l’Eurispes, l’espansione del più generale settore dell’economia della condivisione online è frenata da un problema che ci trasciniamo da tempo: la scarsa diffusione del digitale (il 37% non usa Internet e il 63% che lo usa saltuariamente e con operazioni non complesse) e la scarsa propensione all’innovazione delle piccole e medie imprese. Nella penisola nostrana operano comunque imprese nel settore generale della sharing economy e, di queste, il 17% è focalizzato nel settore turistico.
A questa quota che fa ben sperare chi sogna un’Italia padrona del turismo globale, si accompagna però una non-crescita rilevata fra il 2015 e il 2016. Nonostante numericamente le piattaforme siano passate dalle 97 nel 2014 alle 138 del 2016, con un tasso di aumento pari al 45%. Segno che l’interesse imprenditoriale nei confronti del mercato sharing cresce, ma tramutarlo in iniziative di sviluppo economico è un’altra storia.
Il report dell’istituto dedica un focus anche agli 11 milioni di Millennials che popolano l’Italia, generazione nata tra gli anni Ottanta e il Duemila simbolo della transizione verso la società digitale. Grandi utilizzatori dei social network (il 76%), sullo smartphone trascorrono mediamente 2 ore e 41 minuti al giorno. Sono abbastanza disillusi sul futuro e la metà di loro ritiene indispensabile l’aiuto economico dei genitori per mettere su famiglia.
Se da una parte i Millennials sono molto esperti di tecnologia, dall’altra hanno difficoltà a pianificare il loro futuro finanziario. In particolare per il 45% di loro risparmiare rappresenta un grande sacrificio, mentre il 40% si dichiara sfiduciato circa la possibilità di percepire in futuro uno stipendio simile a quello dei propri genitori.
Se avesse dunque del denaro, il 48% dei 16-17enni risparmierebbe per comperare beni di consumo, il 64% dei 18-24enni lo utilizzerebbe per rendersi autonomo dai genitori andando a vivere da solo; il 59% dei 25-34enni, invece, si preoccuperebbe del futuro e risparmierebbe per proteggersi dagli imprevisti. Infine, rispetto al lavoro, il 56% dei Millennials dichiara di escludere a priori aziende che non operano in modo sostenibile e il 49% ha rifiutato incarichi in contrasto con la propria etica professionale.
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