Cloud, Pozzoli (Accenture): “In Italia saremo i game changer”

Il managing director presenta le sfide di “Google Cloud Next”, il 28 giugno a Milano: “Non si tratta di fare cose vecchie con metodi nuovi, ma di aprire nuovi business con strumenti plasmati sulle singole esigenze, grazie anche a intelligenza artificiale e machine learning”

Pubblicato il 26 Giu 2017

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“L’approccio delle aziende italiane verso il cloud e le nuove possibilità che abilita non è ancora abbastanza maturo. Ci sono segnali incoraggianti, ma non è del tutto chiaro che la sfida non è quella di trovare nuovi modi per fare le stesse cose di prima: si tratta di aprire nuovi orizzonti di business. Per spiegarlo può tornare utile una citazione di Ford: ‘Se avessi guardato a ciò di cui le persone avevano bisogno – disse il fondatore della casa automobilistica – avrei pensato a cavalli più veloci. Invece ho costruito automobili’”. Lo dice in un’intervista a CorCom Enrico Pozzoli, managing director, Application services products & Google practice lead di Accenture Technology. Nel 2017 Accenture è per il sesto anno consecutivo “Google Cloud global partner of the Year”, e sarà platinum sponsor di Google Cloud Next, in programma a Milano il 28 giugno.

Pozzoli, qual è oggi la fotografia del cloud in Italia?

Oggi il cloud è presente tra le priorità dei Cio italiani, la consapevolezza esiste. Quello che però ha bisogno di un’accelerazione è il percorso di adozione, perché, ad esempio, sulle aree mission critical siamo ancora indietro. Allo stesso modo, ad esempio sul machine learning o sulla necessità di architetture condivise, si riconosce l’importanza degli strumenti, ma si passa all’azione con lentezza.

Come si sposano i risultati della “Techology vision” di Accenture con gli strumenti messi a disposizione da Google Cloud? Quali sono le opportunità più significative per le aziende?

La nostra Technology vision è una ricerca focalizzata sui trend tecnologici e su come questi impattino il business. La tecnologia emerge come la chiave per plasmare il mondo che ci circonda, come un abilitatore: il concetto non è più capire quali siano gli strumenti innovativi, ma come possiamo plasmarli per rispondere al meglio ai nostri bisogni. Una filosofia che è nel Dna di Google, che nel tempo ha introdotto tante piccole facilitazioni nella vita quotidiana di tutti. L’artificial intelligence e il machine learning, in questo contesto, sono prima di tutto un’esperienza, strumenti che consentono di trovare nuove soluzioni e nuovi business. L’altra opportunità è quella aperta dalla potenzialità degli ecosistemi: Google cloud abilita la condivisione di piattaforme, e questo facilita le aziende nel trovare un proprio ruolo all’interno degli ecosistemi digitali. Due le opportunità che ne possono derivare: da una parte la possibilità di ridisegnare le catene del valore, trasformando i prodotti e aprendo nuovi mercati. Dall’altra affacciarsi sull’inesplorato: uno sforzo importante, perché può aprire orizzonti che oggi non vediamo.

Machine learning e analisi dei big data: qual è oggi il grado di consapevolezza delle aziende italiane sulle opportunità aperte da queste soluzioni?

Di big data ormai si parla molto, ma in questo caso la cosa più importante è il mindset: il punto non è nell’avere a disposizione i big data, ma nell’essere in grado di analizzarli per plasmare le tecnologie sul fattore umano, orientando il processo sui risultati che è in grado di dare. Sul machine learning siamo più indietro: una recente ricerca dice che l’80% degli executive investirà in questo tipo di tecnologie nei prossimi tre anni, ma oggi è difficile trovare riscontri a queste intenzioni. Quello che serve oggi è un approccio di sperimentazione che consenta di capire la tecnologia e come potrà migliorare i processi, usandola come leva per aprire nuovi orizzonti. Solo per fare un esempio, stiamo lavorando molto sui temi del riconoscimento digitale dei prodotti, della virtualizzazione delle conversazioni per l’intelligenza artificiale applicata alle chatbot per i contact center, e sul riconoscimento delle firme nei documenti. Abbiamo realizzato un’applicazione utilizzando ML per il Fashion che cambia il processo di pianificazione delle collezione ed ingaggia i consumatori in un one to one con il brand con un potenziale significativo impatto sulle vendite.

Capitolo sicurezza. Come si possono sfatare le preoccupazioni di chi teme i rischi del custodire informazioni e dati sensibili “fuori dalle mura” della propria azienda?

È un tema più emotivo che razionale, oggi Google ha più di un miliardo di utenti sul cloud. È chiaro che non potrebbe permettersi di subire un attacco: per evitare problemi Google ha implementato un sistema di sicurezza molto più “specializzato” di quelli che le singole imprese possono mettere in campo, perché su questo tema si gioca la propria credibilità di gigante tecnologico, e quindi la propria sopravvivenza. Allo stesso modo non ha grande senso l’attitudine di chi “non si fida” e tende a farsi in casa soluzioni che fuori si potrebbero acquistare meglio e a minor costo. Oggi serve aprirsi verso una new IT, dove servizi liquidi e specialistici fatti da altri possono essere plasmati rispetto alle esigenze della propria azienda.

È un approccio che può essere implementato in modo graduale o impatta sulle aziende in chiave “disruptive”?

Dipende dai casi. Da un punto di vista di “esplorazione” della tecnologia il “journey to cloud” avviene essenzialmente in tre passi: inizia dalla sperimentazione della posta in cloud, e una volta dimostrati vantaggi e affidabilità passa ai servizi non mission critical e infine a quelli mission critical. Ma il management può prendere anche la decisione di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, per cambiare la propria client proposition, per fare un salto in avanti rispetto ai competitor. Da una parte c’è l’adeguamento a standard ormai condivisi, dall’altra la ricerca di una “rivoluzione” nella certezza che produrrà vantaggi tangibili.

Che senso “strategico” ha la vostra presenza a fianco di Google nell’evento del 28 giugno?

La nostra collaborazione con Google a livello globale è ormai consolidata, ma ora in Italia vogliamo guardare oltre, trovare il modo per cambiare le regole del gioco con i nostri clienti, essere un game changer. L’alleanza globale con Google è un punto di forza importante in questa strategia di posizionamento. La sfida è quella di riuscire a mettere insieme le tecnologie innovative con la nostra conoscenza del mercato e dell’industry, delle esigenze specifiche dei nostri clienti.

C’è ancora l’ostacolo infrastrutturale nel nostro Paese?

Di sicuro su questo piano c’è ancora molto da lavorare, ma il Paese inizia a essere in linea con il contesto internazionale. Ulteriori opportunità arriveranno con il 5G, su cui si stanno avviando le sperimentazioni. Anche per questo oggi è il momento esserci, perché pensiamo che su queste tecnologie sia importante lavorare in anticipo.

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