Condividere le proprie foto su internet e renderle pubbliche sui principali social media è diventato non solo uno strumento per preservare i propri ricordi, ma anche un vezzo, un modo facile e veloce per rendere noto ciò che si fa. In Italia molte le pagine online ed è molto massiccio l’utilizzo dei social per raggiungere la notorietà.
Trovare nuovi amici e nuovi clienti su internet è molto facile, tanto che i social sono diventati gli strumenti più utilizzati per valorizzare le interazioni sociali. Ma, si sa, ogni medaglia ha il suo rovescio e questo vale anche per l’utilizzo della rete, in particolarmente per la condivisione dei propri documenti, delle foto e dei video.
Nel cyber spazio è molto facile appropriarsi di dati e farne poi, l’uso che si vuole; ma tutto ciò è illegale, e quindi occorrono normative stringenti per proteggere i dati della rete e per rispondere a questa esigenza bisogna tenere ben presente che quando si scatta una foto sorge automaticamente il copyright su quello scatto, ciò significa che sono necessarie particolari azioni per ricopiare la paternità dell’ opera. Utilizzare il dato senza autorizzazione, costituisce illecito, cioè una violazione del diritto all’immagine e del copyright. Il diritto al copyright mai come adesso, sta vivendo, infatti, tempi difficili. Da qui alcune regole elementari e pratiche per proteggere i dati personali nella rete.
In ambito pratico, il metodo più utilizzato nel proteggere le proprie foto e video è quello di utilizzare la cosiddetta firma, ovvero introdurre una filigrana invisibile nella foto in questo modo, non si modifica il contenuto dell’immagine, ma visualizzandola attraverso specifici software, come ad esempio Watermark , si rende palese la paternità. Questo tipo di intervento si può fare con Photoshop, o anche programmi più semplici come, Picture Shark oppure utilizzare direttamente servizi online come Watermarktool o Digimark.
Ma il miglior metodo, rimane sempre quello di disabilitare il tasto destro nel sito dove le immagini sono caricate. Per fare ciò basta inserire in un punto qualsiasi del sito di proprietà un codice c.d. “HTML”.
Altro metodo è il c.d. metodo teorico, utilizzato spesso in casi di particolare urgenza, e consiste nell’avvisare le autorità competenti, nel nostro caso la Polizia Postale.
Così facendo si ricorre al diritto di preservare la propria privacy e nel caso di furto di foto o video l’art. 15 del codice prevede (D.lg. 196/2003), il risarcimento del danno. Tutto ciò è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione come la sentenza 16133 del 15 luglio 2014, che ha posto il limite del c.d. “buon senso” e il dovere al risarcimento del danno per chi è l’autore del crimine.
Nei casi urgenti occorre ricorrere direttamente al Garante della Privacy, o ricorrere direttamente alla magistratura ordinaria o alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Tuttavia la giustizia è ancora troppo lenta rispetto al fenomeno degli illeciti del web, e il caso di Tiziana Cantone è l’esempio che l’accoglimento del ricorso arriva in maniera non tempestiva. Sono molti i ricorsi in Italia sul diritto all’oblio, ovvero alla non pubblicazione di notizie, immagini, video ritenuti “inadeguati e non più rilevanti” ai fini della cronaca e la sentenza della Corte di giustizia europea del 13 maggio 2014 lo specifica.
Tuttavia prima di ricorre a vari strumenti è assolutamente necessario coltivale una cultura matura nell’utilizzo della rete e una prudente diffusione dei propri dati nella rete.