STRATEGIE

Shopping cinese in Europa, asse Parigi-Berlino-Roma per arginarlo

I tre governi scrivono al commissario al Commercio internazionale, Cecilia Malmstroem, chiedendo alla Ue di mettere paletti: “Gli Stati membri devono avere la possibilità di impedire, se necessario, acquisizioni in casi isolati”

Pubblicato il 15 Feb 2017

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Berlino, Roma e Parigi vogliono proteggere le imprese europee dallo shopping cinese “sleale” nell’hi-tech. E per farlo, i tre governi hanno scritto una lettera alla commissaria europea del Commercio internazionale, Cecilia Malmstroem, chiedendo all’Europa di mettere i suoi paletti. Un’iniziativa, che arriva nel clima eccitato dagli attacchi dell’amministrazione americana di Donald Trump, che ha annunciato una svolta protezionista che potrebbe nuocere molto all’economia europea e alla locomotiva dell’export tedesca.

“L’obiettivo – si legge nel documento anticipato dalla Dpa – è che la Germania e gli altri Paesi europei abbiano più possibilità di verificare, e se necessario impedire, acquisizioni in casi isolati”. E questo per evitare acquisizioni “sleali”, che avvengono “con l’aiuto di risorse statali o per fare incetta in modo specifico di importanti tecnologie dalla Germania”.

“Siamo preoccupati per la mancanza di reciprocità”, scrivono i ministri: un contesto di regole squilibrate priverebbe l’Europa di competenze e know how fondamentali per la manifattura. Non solo. “La stessa preoccupazione riguarda gli appalti pubblici, settore nel quale le imprese europee ancora fronteggiano grandi difficoltà di accesso in alcuni Paesi”.

Si evidenzia l’importanza di avere un vero “level playing-field”, cosa impossibile ad esempio quando alcuni investimenti stranieri sono sussidiati dallo Stato e quando determinate acquisizioni sono il pezzo di una strategia di politica industriale. Si ricorda che le regole europee già consentono agli Stati membri di proibire investimenti stranieri quando questi minacciano la sicurezza nazionale. Ma si chiede una “protezione aggiuntiva basata su criteri economici”.

Berlino, Parigi e Roma vogliono “sollevare un dibattito a livello europeo, e ottenere un fondamento giuridico per poter procedere in alcuni casi isolati contro investimenti diretti, pilotati dallo Stato”, spiegano al ministero dell’Economia tedesco. “Le nostre imprese affrontano una dura concorrenza con Paesi, che spesso non sono cosi’ aperti come la Germania e l’Europa – sottolinea sottosegretario Matthias Machnig – La Germania è favorevole ai mercati aperti, noi appoggiamo gli investimenti delle imprese straniere in Germania. Ma queste devono anche dimostrare che si tratta di investimenti in Germania, che non sono portati avanti dallo stato e per i quali vi siano finanziamenti conformi al mercato”. “Questo vale proprio per settori industriali decisivi. E questo è il principio che vogliamo stabilire insieme e Francia e Italia in Europa”, ha concluso.

Attualmente, il governo tedesco può impedire, in casi determinati, acquisizioni a investitori stranieri, soprattutto nei settori della tecnica militare e della sicurezza. “Nell’ultimo anno si è visto che le possibilità esistenti non bastano”, si legge però nel documento del ministero dell’Economia. E sono state numerose, infatti, le acquisizioni da parte di investitori cinesi, che si sono distinte dalle operazioni comuni, proprio per l’intervento di Pechino, che ha esercitato pressione e messo a disposizione risorse. “Queste acquisizioni hanno riguardato in special modo imprese del campo tecnologico, che nel loro ambito sono campioni mondiali”. Un esempio? La cinese Midea ha comprato il gruppo produttore di robot di Augusta Kuka. E secondo uno studio di Ernst & Young, in Germania, l’anno scorso, sono 68 le acquisizioni realizzate da parte cinese, per un ammontare di 12,6 miliardi di dollari americani.

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