Se Antonello Venditti dovesse usare una sua canzone per definire il rapporto tra Sky e Mediaset Premium canterebbe che “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. La novità delle ultime ore è infatti la ripresa delle trattative tra il gruppo di Rupert Murdoch e la compagnia della famiglia Berlusconi per l’acquisizione della pay-tv. Lo scenario descritto oggi dal Sole24Ore racconta di colloqui ripresi dopo il dietrofront di Vivendi all’accordo su Premium dello scorso aprile e ora in fase di accelerazione.
La forbice tra le valutazioni della Tv a pagamento da parte di Mediaset e Sky si sarebbe pian piano assottigliata, tanto che parlare di concrete possibilità di accordo non è affatto folle. Una riduzione dello scarto dettata probabilmente dal cambio di strategia impresso a Premium dal piano industriale 2020 di Mediaset. Il ritorno alla carica di Sky, che ha permesso al titolo del gruppo di Cologno Monzese di aprire la seduta a Piazza Affari in rialzo di oltre due punti percentuali, arriva in un periodo piuttosto movimentato per Mediaset. Tuttavia, secondo quanto risulta in ambienti finanziari in realtà i tempi non sarebbero ancora maturi.
Per Intermonte, che valuta Premium 200 milioni di euro “un eventuale accordo potrebbe essere positivo a patto che non comprometta la possibilità di continuare ad avere uno scenario speculativo con Vivendi”. Ma gli analisti stessi dicono di non avere visibilità su un possibile accordo e ricordano che solo a gennaio Mediaset aveva ridisegnato la sua strategia parlando di una piattaforma aperta ad altri operatori e meno focalizzata sul calcio. Di certo il mercato delle pay-tv in tutta Europa soffre e in particolare in Italia gli analisti sono concordi: due competitor come Sky e Premium sono troppi perché per osservarlo non si può
usare l’occhiale Agcom, che divide pay-tv da tlc mentre il consumatore mette a confronto tutte le offerte di contenuti a pagamento, comprese quelle di Netflix o di Tim Vision, estendendo il perimetro del mercato.
La disputa con Vivendi, iniziata con il mancato accordo su Premium e proseguita con la salita fulminea di Bolloré nel capitale azionario di Mediaset, si sbloccherà solo con il verdetto dell’Agcom che sta verificando eventuali violazioni della doppia partecipazione di Vivendi nella Tv di Berlusconi e in Telecom. Mentre a marzo si terrà la prima udienza del processo per la presunta manipolazione del mercato da parte della media company francese. Come spesso capita, Sky e Mediaset si limitano a non commentare le indiscrezioni della stampa ma non è esclusa qualche comunicazione magari a mercati chiusi. La stretta di Murdoch su Premium potrebbe spingere Bolloré a smuovere le acque, ferme dopo il rastrellamento del 28,8% del capitale Mediaset. Se Vivendi si spingesse oltre la soglia del 30% facendo scattare l’Opa, ipotesi che non fa impazzire l’Agcom, un possibile accordo con Sky per l’acquisizione della pay-tv potrebbe essere bloccato perché pregiudiziale al buon esito dell’offerta pubblica.
Negli ultimi tempi gli analisti si sono più volte espressi sottolineando che un accordo Bolloré-Berlusconi resta ancora oggi la soluzione più logica, per evitare contenziosi dai tempi incerti e dalle conseguenze imprevedibili. “È meglio trovare un accordo quando c’è una situazione di stallo fra gruppi industriali e credo che un accordo sia sempre nell’interesse delle aziende”, ha evidenziato ieri Gaetano Miccichè, presidente di Banca Imi ossia dell’advisor del gruppo televisivo milanese insieme a Unicredit nella lite con i francesi.
“Durante la presentazione del nuovo piano strategico a gennaio, il management di Mediaset aveva già evidenziato che Premium si sarebbe focalizzata sui canali non sportivi, adottando un approccio opportunistico per i diritti del calcio al fine di creare un business sostenibile”, ricordano gli analisti di Mediobanca Securities che stimano per la pay-tv senza i diritti del calcio una forte riduzione dei costi: quasi 900 milioni al 2020. Un drastico calo ci sarebbe anche per i ricavi da abbonamenti che, supponendo senza il calcio 500 mila utenti e un ricavo medio per utente ridotto a meno di dieci euro, scenderebbe a quota 80 milioni. Inoltre, gli analisti di Mediobanca ritengono che i circa 100 milioni di ricavi pubblicitari legati alla pay-tv si ridurranno alla luce della diminuzione dei telespettatori. Potrebbe essere stata proprio questa versione light e meno calcistica di Premium ad aver convinto Sky ad affondare il colpo.
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