L'EDITORIALE

L’Italia dei “conflittucci” che frena l’innovazione

Dopo le polemiche sull’ingaggio di Diego Piacentini, scoppiano quelle analoghe su Roberta Cocco. Al centro sempre la questione del conflitto di interessi, un evergreen all’italiana. Polemiche inutili e pretestuose che fanno danno al Paese

Pubblicato il 20 Feb 2017

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Prima è toccato a Diego Piacentini. Ora a Roberta Cocco. L’inutile e pretestuosa polemica sui conflitti di interesse dei manager prestati alla politica continua a tenere banco. Il Commissario straordinario per l’Agenda Digitale, manager di Amazon, ha deciso di “regalare” letteralmente due anni della propria vita professionale al Paese: il suo incarico non prevede alcun stipendio, né spese di vitto e alloggio. Nel frattempo è in congedo da Amazon, ma ciò non è bastato a far insorgere i malumori da parte di chi continua a spargere il seme della polemica senza rendersi conto del danno, grave, che si reca al Paese.

Protagonista di un’analoga vicenda la manager di Microsoft Roberta Cocco, assessore del Comune di Milano, incolpata prima di aver ritardato la pubblicazione del proprio reddito sul sito del Comune e successivamente di non aver comunicato dati esatti (l’errore è stato però immediatamente corretto). L’assessore avrebbe dunque “falsato” le informazioni per conflitto di interessi, questa la tesi sostenuta da chi ha scatenato il caso: conflitto di interessi di quale tipo? I malpensanti, sempre pronti a sostenere che il malaffare sia dietro l’angolo, dimenticano che manager del calibro di Piacentini e Cocco nulla hanno da guadagnare, almeno in termini economici, dall’essersi prestati alla politica. Rimanendo nelle loro aziende non solo avrebbero guadagnato molti più soldi ma non si sarebbero esposti al rischio della gogna del linciaggio politico, ben più diffuso di quello mediatico sbandierato a piacimento a destra e a manca quando fa più comodo.

In cosa consisterebbe dunque il conflitto di interessi? Nel favorire Amazon e Microsoft negli appalti pubblici? Detto che la cosa difficilmente sarebbe occultabile e che il due più due sarebbe così banale che nemmeno un dilettante si permetterebbe di farla così grossa, ci si domanda se non sarebbe perfino un bene per il Paese se due colossi come Amazon e Microsoft potessero essere ”privilegiati” a investire nel nostro Paese, contribuendo alla digitalizzazione della macchina pubblica e delle imprese, in particolare quelle di piccole dimensioni. Ma evidentemente la questione è considerata di poco conto. Contano di più, come sempre, le polemiche e i “conflittucci” di potere, questi sì legati agli interessi personali.

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