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Tim affonda (ancora) a Piazza Affari. L’attesa è tutta per il piano Gubitosi

Conti al ribasso, progetto Netco praticamente da cestinare, gli azionisti in guerra da mesi: l’azienda è al bivio. Per gli analisti diventa sempre più urgente capire dove si voglia andare a parare non solo sulla rete ma anche sugli altri asset. Persidera, Inwit e Sparkle vanno vendute subito?

Pubblicato il 22 Gen 2019

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Un’altra giornata nera. Anzi la più nera di tutte. Buio pesto. E non è nemmeno detto che si sia toccando il fondo. Il titolo Tim dopo aver già toccato i minimi storici dal 2013 è stato sospeso dopo aver lasciato sul campo un altro 7,74% raggiungendo il valore di 0,44 euro. E anche le azioni risparmio non hanno fatto di meglio visto che hanno registrato un calo del 5,13% a 0,39 euro.

Stando alle analisi a pesare maggiormente sono i conti preliminari, analizzati nell’ultimo cda. Conti che mostrano performance al ribasso sul 2018 e che fanno temere sul 2019, in particolare sul primo semestre. E secondo l’agenzia Bloomberg  il broker New Street ha ridotto il giudizio sul titolo da ‘buy’ a ‘neutral’ e ha tagliato del 43% il target price portandolo da 1,06 a 0,6 euro, a causa delle attese dei ricavi del mobile e di una quota di mercato ridotta nella banda larga per il quarto trimestre 2018. Anche Hsbc ha tagliato il target price  del titolo Tim del 25%, da 60 a 45 centesimi.

“Le tattiche di Elliott stanno deprimendo i risultati di Tim e il valore delle azioni. Oggi il valore ha raggiunto un record negativo ed è diminuito quasi del 50% dal 4 maggio – è il commento di Vivendi -. Gli interessi di Elliott non sono allineati con quelli degli altri azionisti. Il suo collar lo protegge da qualsiasi effetto negativo e può essere esercitato a partire dal 5 febbraio. Il calo nel prezzo delle azioni genererà anche più cassa per loro”. Inoltre “i sindacati ieri hanno affermato che la separazione della rete fissa rappresenterebbe un disastro dal punto di vista industriale per Tim e per i suoi dipendenti”.

Ad aggiungere carne al fuoco ci si è messa la valutazione Agcom su Netco, la società “ideata” dall’ex Ad di Tim Amos Genish per dare il via ad un’azienda separata in cui far confluire la rete. Una separazione societaria che però secondo l’Authority non cambierebbe lo status quo visto che Netco sarebbe in capo a Tim al 100% e dunque non si ravviserebbero benefici sul fronte concorrenziale.

L’attesa ora è tutta concentrata sul nuovo piano che il nuovo Ad Luigi Gubitosi presenterà in occasione del cda del 21 febbraio. È chiaro che i riflettori sono puntati sul destino della rete che a catena si tira dietro quello dei dipendenti e di tutta Tim. Se gli analisti di Mediobanca Securities hanno letto le valutazioni di Agcom come un assist verso un piano di scorporo vero e in particolare al progetto di “fusione” degli asset con quelli di Open Fiber (“Tendiamo a vedere l’aggiornamento da parte del regolatore come una spinta indiretta ad essere più aggressivi nel processo di separazione”) – stessa lettura che ha fatto Elliott – dall’altro lato della barricata c’è chi invece ha interpretato il messaggio dell’Authority come un segnale a tenere la rete all’interno, in primis l’azionista di maggioranza Vivendi, fautore del non-scorporo.

“Il controllo della rete è uno dei principali punti di discordia tra Vivendi ed Elliott – puntualizza Intermonte -. Il governo e Cdp devono chiarire il loro piano, supponendo che ne abbiano uno, così che Tim possa dire se accetta le condizioni o no. L’alternativa è andare avanti con la struttura attuale: in questo caso, pensiamo che la strategia di Tim sarà quella di estrarre i massimi ritorni da gli investimenti fatti fino ad oggi e cercare di combinarli con la tecnologia 5G“.

Altrettanto importanti i dossier Sparkle, Persidera, Inwit che stando alle stime degli analisti potrebbero portare in cassa 3 miliardi.

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