È di pochi giorni fa la notizia che vede al centro dell’attenzione delle Autorità di vigilanza le cosiddette “cripto-attività”.
Consob, in quanto Autorità deputata alla tutela degli investitori, si è dimostrata sensibile al tema. Lo scorso 19 marzo ha posto in consultazione un documento dal titolo “Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività” al fine di avviare un dibattito a livello nazionale sul tema delle offerte iniziali e degli scambi di cripto-attività, in connessione con la recente diffusione di operazioni cosiddette di “initial coin offerings” (meglio note come “Ico”) e, quindi, di crypto-asset nei quali spesso investono i risparmiatori.
Analogamente, anche Banca d’Italia ha posto particolare attenzione a tale fenomeno. Infatti, è di recente pubblicazione (18 marzo 2019) il documento denominato “Aspetti economici e regolamentari delle “cripto-attività”. Il lavoro analizza i profili economici, contabili e prudenziali della “cripo-attività” e illustra la regolamentazione delle piattaforme di scambio adottata nelle varie giurisdizioni, fornendo una sintetica descrizione del protocollo “blockchain”, degli “exchanges”, dei “wallet providers”, e di altri aspetti correlati (“initial coin offerings”, “smart contracts”), tra cui una tassonomia dei gettoni digitali (“DLT digital tokens”).
Tali documenti mostrano che questa particolare classe di “cripto-attività” non rientra nelle categorie di moneta e di strumento finanziario. Consob non esclude, tuttavia, la qualificazione di prodotto finanziario, categoria questa che comprende tutti gli elementi caratterizzanti la nozione di investimento di natura finanziaria, e cioè l’impiego di capitale, un’aspettativa di rendimento di natura finanziaria, l’assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale.
Il tema si innesta in una più ambia attività di regolamentazione che trova la sua origine in ambito europeo. Ad esempio, la qualificazione dei token e il loro inquadramento giuridico sono da tempo sotto osservazione da parte delle Autorità di Vigilanza europee.
A tal riguardo, il Report dell’Eba sui criptoassets affronta il tema dei token di pagamento evidenziando il rischio che i modelli di criptoassets possano astrattamente soddisfare la definizione di moneta elettronica di cui alla Electronic Money Directive (Direttiva 2009/110).
L’Advise dell’Esma sulle Ico e sui criptoassets, invece, si concentra sui security token e sulle Ico, evidenziando i rischi di arbitraggi normativi in assenza di una comune legislazione e la applicabilità alle Ico, al ricorrere di determinate condizioni, delle norme in materia di Prospetto, Trasparency, MiFID II, Market Abuse e Short Selling, AiFMD.
Oltre i confini nazionali, ha mosso i primi passi la Repubblica di San Marino, attraverso l’adozione di una specifica regolamentazione in materia di initial token offer, fornendo innanzitutto una definizione onnicomprensiva dei token, distinguendo, a seconda dei diritti in essi incorporati, tra token di pagamento, utility token e security token.
Il legislatore ha fissato le principali regole comuni all’emissione e offerta delle categorie di token: presentazione di una richiesta di autorizzazione, redazione del cosiddetto whitepaper e di una nota di sintesi e obbligo di pubblicizzare l’offerta in modo accurato e veritiero. In ipotesi di token di investimento è prevista anche la pubblicazione di un prospetto.
Essa si rivolge a enti che sono alla ricerca di finanza per supportare progetti innovativi che si avvalgono di sistemi blockchain, mediante l’offerta di criptovalute di nuova emissione.
Nel frattempo, anche altri Paesi (Francia, Lichtenstein, Malta, Svizzera), si sono o si stanno attrezzando per disciplinare l’emissione di token.