L’Europa si spacca ancora sulla cybersecurity legata alle forniture di rete 5G: per la Germania non vi è alcun pericolo dall’utilizzo dei sistemi della cinese Huawei rispetto alle soluzioni di vendor concorrenti.
Dopo l’arresto in Canada della vicepresidente e chief financial officer di Huawei Meng Wanzhou, nonché figlia del suo fondatore Ren Zhengfei, il Commissario europeo al digitale Andrus Ansip aveva dichiarato che “non sappiamo molto sul caso Huawei ma come persone normali dobbiamo essere preoccupati. Dobbiamo essere preoccupati perché la Cina ha fissato nuove regole in base a cui le loro imprese devono cooperare con la loro intelligence e io sono sempre stato contrario a backdoor obbligatorie”. La Francia aveva subito preso le distanze: “Gli investimenti di Huawei sono benvenuti”, ha detto il ministro dell’Economia francese Bruno LeMaire, pur aggiungendo che è legittimo che il governo francese stabilisca “limiti chiari”.
Oggi il regolatore tedesco Bsi (l’ufficio federale per la sicurezza It) ha indicato che non esistono prove che l’infrastruttura di rete 5G di Huawei ponga rischi per la sicurezza nazionale tedesca più di quanto possano fare i prodotti di altri fornitori, come riporta il quotidiano Spiegel.
Nelle scorse settimane un gruppo di parlamentari di minoranza ha chiesto un divieto totale sulla partecipazione di Huawei alla realizzazione delle reti 5G in Germania, sulla falsariga di quanto avvenuto negli Stati Uniti e in Australia. La Bsi ha tuttavia replicato che “Per prendere decisioni di questa rilevanza, come un divieto assoluto, occorrono delle prove”, che non spetta alla Bsi raccogliere, come indicato dal presidente dell’authority Arne Schoenbohm.
Lo Spiegel ricorda che in Germania tutti i grandi operatori di rete telecom – Deutsche Telekom, Vodafone e Telefónica – usano tecnologia Huawei. Inoltre, sul mercato degli smartphone il dispositivo più venduto in Germania è l’ultimo modello targato Huawei. Huawei ha però anche aperto a Bonn un laboratorio su innovazione e cybersecurity dove le telco possono conoscere meglio le sue tecnologie.
Già a marzo, secondo fonti dello Spiegel, era stato chiesto alla Bsi di valutare gli allarmi dell’intelligence americana, ma l’authority aveva risposto di avere prove insufficienti a corroborare la tesi del cyberspionaggio di Pechino tramite le reti dei vendor cinesi. Se tali prove arriveranno, e saranno affidabili, allora il quadro potrebbe cambiare.
Lo scorso mese un gruppo di politici tedeschi era tornato all’attacco chiedendo di mettere al bando le aziende cinesi dai progetti di roll-out delle reti commerciali 5G. “Siamo preoccupati. Se dipendesse da me, farei come in Australia”, ha detto una fonte del governo tedesco all’agenzia Reuters.
Huawei “respinge categoricamente ogni accusa di poter costituire una minaccia alla sicurezza”, ha commentato l’azienda all’indomani delle dichiarazioni del commissario Ansip. “Siamo aperti al dialogo con Ansip per chiarire queste incomprensioni e siamo parte della soluzione, non il problema. Nessun governo ci ha mai chiesto di costruire backdoor o interrompere le reti. La cybersicurezza è sempre stata la nostra priorità”. Huwaei si dice “pronta a fornire qualsiasi informazione e si impegna a mantenere un dialogo aperto con i partner europei sulle questioni relative alla sicurezza”. Inoltre, “intendiamo continuare la nostra cooperazione di lunga data con la Commissione Ue in qualità di società privata e di proprietà dei suoi dipendenti” e, in relazione alle affermazioni di Ansip che le imprese cinesi sono obbligate ad aprire i loro sistemi ai servizi segreti, “non tollereremmo mai un comportamento simile da parte di nessuno del nostro personale”.