La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha firmato a Strasburgo, alla riunione del Consiglio d’Europa, il protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica. Due gli obiettivi fondamentali del trattato, ha spiegato Cartabia: “Rafforzare la cooperazione nel campo della lotta alla criminalità informatica e consolidare la raccolta di prove di reati in forma elettronica ai fini di specifiche indagini o procedimenti penali”.
“In qualità di presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, l’Italia desidera attribuire la massima importanza a questo protocollo”, ha sottolineato Cartabia.
Un nuovo trattato “necessario”, ha proseguito la ministra, perché “l’uso delle tecnologie Ict da parte del crimine organizzato in tutti i settori, dallo sfruttamento sessuale al traffico di droga, al terrorismo, rappresenta una sfida per le nostre autorità giudiziarie e le nostre istituzioni”.
Più cooperazione tra Stati e imprese, anche le telco
Il secondo protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Budapest risponde esattamente all’esigenza di far fronte a un cybercrime sempre più sofisticato e pervasivo tramite una maggiore e più efficiente cooperazione tra Stati e tra Stati e settore privato, chiarendo i casi in cui i fornitori di servizi di un determinato Paese potranno fornire i dati in loro possesso direttamente alle autorità competenti di altri Paesi.
I criminali utilizzano internet per reclutare le vittime e sfruttano i social network come piattaforme di marketing per attività illecite di ogni genere. “La prostituzione, la pornografia, l’uso improprio delle webcam dal vivo, gli abusi sessuali sui bambini e molti altri servizi illegali sono ‘offerti’ online”, ha evidenziato Cartabia. “Soprattutto, il dark web, è stato utilizzato dai trafficanti per offrire illegalmente lavoro, contratti, visti, documenti di viaggio, tutti ‘servizi illegali’ che spesso contribuiscono a stimolare il fenomeno della tratta degli esseri umani”.
“I nostri governi devono rispondere efficacemente e velocemente a tutti questi crimini in linea con l’evoluzione tecnologica. Siamo convinti che questo protocollo sarà in grado di rispondere a tutti i nuovi metodi adottati per commettere crimini online”, hai detto ancora la ministra.
“Le procedure d’emergenza previste da questo trattato – che obbligano tutti i paesi che ratificano il testo a creare canali specifici per una cooperazione rapida in situazioni in cui la vita o sicurezza di una persona corrano un rischio imminente e grave – faciliteranno la prevenzione dei crimini più gravi e rappresentano quindi una protezione preventiva per le vittime dei cyber crimini”, ha osservato ancora Cartabia.
Uno strumento giuridico globale contro il cybercrime
Oltre all’Italia, il nuovo strumento giuridico del Consiglio d’Europa è stato firmato da altri 21 Stati – Austria, Belgio, Bulgaria, Estonia, Finlandia, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Montenegro, Paesi Bassi, Nord Macedonia, Portogallo, Romania, Serbia, Spagna, Svezia, Cile, Colombia, Giappone, Marocco e Stati Uniti.
La ministra ha ricordato che la Convenzione “ha offerto una risposta globale al rischio informatico e, in quanto strumento internazionale vincolante, si è rivelata essenziale dal punto di vista della lotta alla criminalità informatica, alle frodi informatiche, alla diffusione di materiale pedopornografico su Internet e alle violazioni della sicurezza delle reti”.
Cartabia ha quindi sottolineato che oggi “a distanza di oltre vent’anni dalla sua approvazione”, la Convenzione di Budapest è stata “estremamente utile anche per lo scambio orizzontale di esperienze tra autorità giudiziarie e buone pratiche tra esperti e professionisti di tutto il mondo. “Sono infatti 66 i paesi che fanno parte della Convenzione di Budapest”.
La Conferenza internazionale presieduta dall’Italia
Il Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica (“Convenzione di Budapest”) è stato firmato in occasione di una Conferenza internazionale organizzata nel quadro della Presidenza italiana del Comitato dei ministri.
Il Protocollo fornisce un insieme di strumenti giuridici, che rientrano nel sistema di tutela dei diritti umani e dello Stato di diritto, quali la cooperazione diretta con i fornitori di servizi e gli uffici di registrazione dei nomi di dominio, mezzi efficaci per ottenere informazioni sugli abbonati e dati relativi al traffico, una cooperazione immediata in caso di emergenza o un’assistenza reciproca per indagini congiunte, comprese garanzie in materia di protezione dei dati.
La Ministra italiana della Giustizia, Marta Cartabia, e la Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, hanno aperto la conferenza, che ha riunito rappresentanti governativi, delle forze dell’ordine, del settore dei servizi internet, della società civile e del mondo universitario.