LE MISURE EUROPEE

Cybersecurity dei servizi cloud, per l’Italia in fumo 65 miliardi con i nuovi requisiti Eucs

Questa la stima elaborata da Ecipe sugli impatti derivanti dallo schema di certificazione in discussione a Bruxelles. Nel mirino le questioni relative alla localizzazione dei dati, al controllo dei fornitori e agli obblighi di sovranità. Elaborati tre scenari. Assintel invita la politica a farsi carico della situazione

Pubblicato il 09 Feb 2024

eucs impact

Il nuovo schema di certificazione europea per la Sicurezza informatica dei servizi cloud (Eucs) potrebbe avere un impatto macroeconomico negativo sui 27 Paesi dell’Unione Europea, con una contrazione del mercato dello 0,2% nel breve periodo, fino a un -3,6% nel lungo periodo. Per dare un’idea più precisa, solo all’Italia potrebbe costare – nella migliore delel ipotesi, 65,1 miliardi di euro. A lanciare l’allarme è lo studio sull’Eucs presentato oggi da Assintel e realizzato dal think tank European Centre for International Political Economy (Ecipe) di Berlino e appena presentato da Assintel.

Lo schema Eucs

L’obiettivo del nuovo schema di certificazione è di garantire condizioni di parità in termini di regole di certificazione della sicurezza informatica per i fornitori di servizi cloud nell’Ue, aumentando il livello di sicurezza informatica in tutta l’Unione europea. “Tuttavia, le attuali disposizioni, che mirano a escludere le società cloud non Ue dal più alto livello di certificazione e potenzialmente da settori critici come il settore pubblico, la salute, l’energia, i trasporti e altre industrie regolamentate – sottoilnea Assintel – potrebbero avere l’effetto opposto”.

Questo perché, secondo lo studio, i requisiti sulla localizzazione dei dati, sul controllo estero e sulla proprietà dei fornitori di servizi cloud, nonché sugli obblighi di assunzione a livello locale, definiti come “requisiti di sovranità” sono misure che, se venissero confermate, “impedirebbero ai cloud provider non europei di offrire i propri servizi alle imprese e alle pubbliche amministrazioni dell’UE,  riducendo drasticamente i fornitori presenti sul mercato e la capacità degli utenti di poter accedere alle tecnologie”.

Innovazione europea a rischio?

Secondo i risultati dello studio Ecipe il nuovo schema metterebbe a rischio l’innovazione europea: minori investimenti da parte delle imprese, in particolare le piccole e medie – avverte Assintel – si traducono rapidamente in perdita di competitività e aumentano il digital divide rispetto ad altre economie avanzate, mettendo a rischio il raggiungimento dei target nazionali e europei nella trasformazione digitale.

“Assintel, sempre molto attenta a garantire l’equa e la corretta concorrenza tra le imprese a vantaggio dello sviluppo del sistema economico e della competitività delle imprese digitali, in particolar modo delle Pmi – commenta la presidente Paola Generali – sostiene quanto emerso da questo studio e invita la componente politica a farsi carico con forza del tema a livello europeo”.

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I tre scenari dello studio

Lo studio vaglia tre scenari di implementazione nel medio e nel lungo termine, classificati in base alla portata dei settori coinvolti e dei casi d’uso coperti dai requisiti più elevati  della proposta. Le evidenze dimostrano che sarebbero i settori della finanza, sanità e istruzione a subire le maggiori conseguenze, in particolare nei piccoli Paesi più dipendenti dai servizi digitali e ICT. Tuttavia, le perdite nominali più ingenti si registrano negli Stati più grandi, tra cui Germania, Francia, Italia e Spagna.

Persino nello scenario più favorevole – sottolinea Assintel – il nostro Paese rischia di perdere il 3,5% del Pil, pari a 65,1 miliardi di euro ed i numeri non sono migliori altrove. In generale, il PIL dei Paesi dell’UE potrebbe subire una variazione negativa dello 0,2% in due anni fino al 3,6% in cinque anni, a causa della perdita di capacità cloud, tradotta in un  rallentamento dello sviluppo tecnologico di imprese e pubblica amministrazione.

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