Giovane, laureata con specializzazione, svolge attività tecnica, ma non solo: è l’identikit della professionista della cybersecurity in Italia tracciato da Women for Security Lab secondo cui il 40% delle professioniste del settore ha una retribuzione pari a quella dei colleghi uomini. Tuttavia, solo il 5% ricopre una posizione “C-Level”.
La platea delle donne “cyber”
La fotografia delle donne impegnate nell’ambito della cybersecurity viene presentata a seguito di un’indagine avviata dieci mesi fa con l’obiettivo di avere una immagine chiara di ciò che accade nel nostro Paese. Il campione è costituito da 222 professioniste, quasi totalmente di nazionalità italiana (98%), di età compresa tra i 26 e i 65 anni. L’indagine si propone di avere valenza di monitoraggio attraverso il Women for Security Lab, il laboratorio di ricerca permanente della Community che seguirà trend ed evoluzione del settore al femminile.
Lo scenario italiano
Secondo le risposte fornite alla survey, le “cyber ladies” italiane sono nel 55% dei casi laureate; quasi un terzo (31%) ha conseguito una specifica formazione post-laurea, che nel 37% dei casi è stata spesata dal datore di lavoro e autofinanziata nel 32% dei casi.
I tempi dell’impiego nella sicurezza informatica sono molto vari: il 26% lavora in questo ambito da 1-3 anni, mentre il 17% se ne occupa da oltre 10 anni; il 16% da 3-5 anni e il 13% da 5 a 10 anni.
La maggior parte (44%) lavora nell’ambito tecnico della cybersecurity; il resto è diviso tra marketing (10%), funzioni commerciali (7%), di amministrazione di sistema (7%), di ricerca (5%), ambito legale (5%), project management (4%), divulgazione (3%), amministrazione (2%), comunicazione (2%) e altre funzioni rappresentate in misura minore.
In prevalenza, le professioniste sono Collaboratrici (28%), Responsabili (25%), Consulenti interni (20%) o esterni (12%). Solo il 5% ricopre una funzione dirigenziale “C-Level”.
A che punto è la retribuzione
Alla domanda relativa al salario, il 39% ha risposto di ricevere una retribuzione pari rispetto a quella dei colleghi uomini, il 30% non si è però dichiarata in grado di rispondere e di fare confronti.
La cybersecurity è un ambiente di lavoro prettamente maschile. Ma questo contesto sembra non aver creato problemi alle cyber professioniste italiane. Il 92% delle interpellate, infatti ha dichiarato di non aver riscontrato alcuna criticità nel contesto lavorativo. Nello specifico, il 51% è rimasta indifferente all’ambiente di lavoro prevalentemente maschile, il 23% ha accettato la situazione come una sfida, mentre il 18% l’ha trovato addirittura stimolante. Soltanto l’8% delle rispondenti ha trovato la situazione difficile, perché messa in difficoltà (4%) o perché si è sentita isolata (4%).
Il 34% delle rispondenti ha dichiarato di non aver riscontrato differenze nelle tempistiche della propria carriera rispetto ai colleghi, e addirittura per il 6% la carriera si è rivelata più veloce di quella dei colleghi; il 39% afferma invece che il proprio percorso professionale è stato più lento.
Le opportunità di carriera
Il risultato è simile quando si analizzano le opportunità professionali: il 42% riconosce di aver avuto le stesse opportunità dei colleghi uomini, il 40% meno opportunità, quindi il tema resta dibattuto.
Inoltre, quasi la metà del panel intervistato (49%) afferma di godere in azienda della stessa considerazione dei colleghi, a dimostrazione che le competenze contano più della biologia. Un terzo delle professioniste, però, lamenta di essere tenuta meno in considerazione professionalmente rispetto ai colleghi uomini: un tema dibattuto, questo, su cui bisognerà presto intervenire.
La collaborazione con i colleghi
La situazione relativa alla collaborazione con i colleghi nella stessa posizione ci mostra una omogeneità di casi – il 39% – in cui le donne collaborano con meno di 5 uomini nella stessa posizione o con oltre 10. Nel 22% dei casi, collaborano con un team di uomini tra 6 e 10.
Lavorare con colleghe donne sembra molto soddisfacente per le professioniste della cyber security: i rapporti con le colleghe sono infatti ottimi. Quasi la metà (46%) ritiene di avere con loro lo stesso rapporto che ha con i colleghi uomini, nel 28% dei casi c’è complicità, nel 18% solidarietà. Competizione (4%), indifferenza (3%) e insofferenza (1%) occupano gli ultimi posti, un segnale tutto sommato rassicurante.
Equilibrio lavoro-famiglia
L’equilibrio lavoro – famiglia è, tuttavia, il tema più sentito per le professioniste italiane della cybersecurity: per il 48% delle rispondenti la situazione è più problematica rispetto ai colleghi uomini.
Le motivazioni per cui le professioniste si sono avvicinate alla Cyber Security all’inizio della loro carriera riguardano prevalentemente la curiosità per un mondo ancora poco esplorato, il caso o le offerte ricevute, ma anche le opportunità che il settore offre. Il 9% delle rispondenti dichiara però di essersi consapevolmente preparata proprio per lavorare nella cybersecurity, e di non esserci capitata “per caso”.
Strategie di miglioramento
All’interno dell’indagine, le Women for Security hanno chiesto alle rispondenti di suggerire possibili interventi per migliorare la parità di genere negli ambienti di lavoro tecnici, come quello della Cyber Security. In particolare, sono state apprezzate le opzioni che prevedono campagne di sensibilizzazione da parte del Ministero delle Pari Opportunità o di “ambasciatrici” del settore. A pari livello, sono state considerate operazioni di sensibilizzazione verso le aziende, così come agevolazioni per le aziende che decidono di assumere donne.
Tra le azioni indicate per incoraggiare le donne a lavorare nel campo della cybersecurity e riuscire nel tempo a colmare il gender gap, sono invece state indicate campagne di sensibilizzazione sull’impatto della cybersecurity sulla società e sulle esigenze di mercato, oltre alle ampie opportunità lavorative offerte dal settore.
Nei confronti delle giovani professioniste, sono invece ai primi posti le attività di mentoring da parte di professioniste esperte, così come le azioni di promozione da parte delle Università negli anni della formazione. In questo ambito, è stata auspicata a più voci la necessità di azioni di formazione e promozione delle professionalità in ambito cyber security da parte del Governo verso le studentesse delle scuole superiori di primo e secondo grado.
Valorizzare le figure femminili
“Pensiamo sia fondamentale conoscere le caratteristiche delle figure professionali presenti nel nostro Paese – dice Cinzia Ercolano, fondatrice di Women for Security –, prima di tutto per poter fornire loro un supporto efficace, anche attraverso le attività di formazione e sensibilizzazione sulla cultura della sicurezza informatica proposte dalla nostra Community. In secondo luogo, auspichiamo che il nostro lavoro possa essere un punto di partenza per istituzioni e imprese che vogliano valorizzare le figure femminili che hanno acume, competenze e passione per il loro lavoro, ma che ancora oggi faticano ad emergere, in un momento in cui le figure professionali nella cybersecurity risultano tra le più richieste in assoluto”.